Mentre scrivo questa nota sembra probabile che il progetto Unicredit prenda la via di Capodistria, magari in abbinamento con il Molo VII raddoppiato e la piattaforma logistica, se si farà….Come ha giustamente scritto Roberto Morelli su Il Piccolo qualche giorno fa potrebbe addirittura essere un vantaggio per Trieste, che peraltro poco o nulla ha fatto per meritarselo: le dimensioni del progetto richiedono il pieno coinvolgimento del nostro terminal container, che nell’idea originale su Monfalcone era in qualche modo in posizione secondaria, e gli investitori certo vorrebbero il collegamento ferroviario tra i due poli del progetto.
Si potrebbe discutere se avevano ragione gli scettici o coloro che peroravano un’accoglienza più convinta di quella riscontrata in regione da Unicredit; certo è che il Governo, a parte gli annunci di Frattini privi di seguito, nulla ha fatto di concreto, perché tirato da più parti dalle varie lobbies portuali nostre concorrenti, e ha dimostrato di non avere una strategia per quest’area e per l’Alto Adriatico. La Regione a guida Tondo è semplicemente imbarazzante per come tratta Trieste in tutti i campi e il centrodestra locale subisce questa nostra marginalizzazione. Lamentarsi non serve e perciò ci sono due cose che dobbiamo fare:
-esercitare un’azione autorevole e continua verso Governo e Regione in nome di questa città, che non chiede assistenzialismo, ma semplicemente le infrastrutture necessarie per il suo futuro, comunque legato ai flussi, siano questi di merci o di persone, di turisti o di ricercatori
-attrezzare questo nostro Porto ad essere competitivo perché non possiamo piangere se Capodistria corre, dobbiamo almeno cominciare a camminare e vedrete che a quel punto saranno i nostri vicini, a est come ovest, a volersi integrare con noi
Le cose da fare: raddoppio del Molo VII e modernizzazione degli altri terminali, piattaforma logistica, ottimizzazione della rete ferroviaria esistente in modo da renderla capace di arrivare fino ad 1 milione di teu all’anno (4 volte il trasporto attuale), liberalizzazione della gestione del traffico merci per abbattere le tariffe oggi troppo elevate. Ce ne sono altre, ma se intanto cominciamo da queste il Porto di Trieste ricomincia ad essere attrattivo
Caro Roberto, è tutto vero: ce le diciamo da anni, queste cose di assoluto buonsenso, ma nessuno ci ascolta: se sappiamo che qualcuno non le vuol sentire perchè ci marcia, dobbiamo denunciarlo, magari alla magistratura: intanto, ora avremo la riforma della giustizia! O NO? Lucio
giusto!
dando per scontato che si possa trovare un accordo sul progetto e che non si inizi a rimettere continuamente tutto in discussione, come l’esperienza purtroppo insegna, c’è un problema di scarsità di risorse da parte della pubblica amministrazione e, a parte le chiacchere, la finanza di progetto difficilmente si concretizza.
io proporrei piuttosto di ricorrere a un prestito obbligazionario rivolto ai risparmiatori e anche agli investitori istituzionali con emittente ad esempio il comune di trieste che ha un buon rating e vedere se c’è una concreta volontà di provarci.
La conferma che il successo di un porto è strettamente legato alla piena efficienza della sua dotazione ferroviaria, richiesta dagli operatori commerciali, viene da Savona, scelta da Maersk come terminal sud d’Europa nei container, come risulta da Affari & Finanza
di Repubblica del 14/3. “Porti e retroporti uniti dal treno per fare dei moli strutture flessibili e pronte a orientarsi sulla base delle richieste degli operatori…”. Purtroppo Trieste è in grave ritardo negli interventi infrastrutturali già programmati e lontana da una più efficiente gestione dell’esistente, che invece viene dismesso dalle FS utilizzando i mezzi destinati alla manutenzione.
Il problema di fondo del porto di Trieste è costituito dalla carenza di un collegamento ferroviario efficiente e dalla assoluta mancanza di veri manager a capo dell’Autorità portuale. Sul primo punto è essenziale un radicale ripensamento del tracciato della linea ad Alta Capacità da concordare con la Slovenia su di un tracciato alternativo a quello proposto da RFI, lungo la direttrice Ronchi-Gorizia-S.Daniele-Senosecchia-Volce-S.Pietro del Carso(Pivka). Sul secondo punto la frittata ormai è fatta ed ancora una volta il futuro di Trieste viene ipotecato dalla funesta presenza del burrattinaio locale. A questo proposito l’azione del PD dovrebbe concretarsi con la creazione di una sorta di comitato permanente cui sia affidato il compito di “marcare a uomo”, giorno per giorno, dandone ampia pubblicità in ogni sede (mediatica, politica, culturale), l’inefficienza dell’attuale vertice portuale.
Noto una vocazione “nazionale” alla soluzione di problemi del porto, ed anche poco ambiziosa. Chiedere di “ottimizzare la rete ferroviaria esistente in modo da renderla capace di arrivare fino ad 1 milione di teu all’anno (4 volte il trasporto attuale)” non ha molto senso. Il molo 7° può muovere 7-800 mila TEU senza necessità di interventi strutturali. Se metà di questi usano la ferrovia, si tratta di circa 15 treni corti al giorno, che il nuovo terminal ferroviario di Vado Ligure può smaltire in 15-16 ore. Nel piano triennale di Boniciolli erano previsti degli interventi sulla Stazione di Campo Marzio, e lui si poneva l’obbiettivo di 2-3 milioni di TEU, scaricando comunque il barile delle ferrovie sul Governo. Altri studiosi dicono che con interventi sparsi ci si può arrivare… in sintesi, fino alla saturazione delle gru del Molo 7°, in qualche modo si riesce a smaltire il traffico.
Ma con il raddoppio del 7° e con il Molo 8°, non si parla più di quasi 1 milione di TEU, si torna sui 2-3 di Boniciolli. E qui si rischia di andare nell’impossibile, perchè i problemi grossi stanno sulla Udine-Palmanova e dopo Carnia, per non parlare dell’Interporto di Cervignano che rallenta solo i traffici.
Oltre allo smaltimento ci sono i problemi tariffari: Trenitalia chiede la tariffa minima di 100 km anche se sposta un vagone di pochi metri, la Regione non intende finanziare il nostro trasporto merci. Ed ancora non ho capito perchè non si può usare il passante ferroviario costruito appositamente per collegare il Porto Vecchio con il Porto Nuovo.
La soluzione è un’altra, usare le ferrovie slovene. Dandogli in cambio i fondali che loro non hanno, come il regime di porto franco internazionale per le lavorazioni. Lo “scambio” sarebbe fondali + porto franco e maggiore spazio, in cambio di ferrovie efficienti e più economiche, tariffe e costi più bassi, facendo ad esempio una società mista, che usi la loro fiscalità che pesa metà della nostra. Un porto unico, insomma. Il diritto internazionale è favorevole, era già tutto previsto dall’ONU nel 1947.
Servirebbe una legge speciale, come quella chiesta da Boniciolli a Visco sulle aree di confine, più qualcos’altro. In cambio, ne uscirebbe immediatamente un porto capace di muovere 1-1,5 milioni di TEU ed entro qualche anno, di superare i 2-3 milioni. E solo questo farebbe la differenza, altrimenti le grandi compagnie continueranno a fare il periplo dell’Europa. Koper non farà mai più di tanto, non ha i fondali ed il segreto sono le grandi navi con le linee dirette che possono attraccare solo a Trieste.
Questo sarebbe da chiedere ai prossimi governi italiani, dicendo chiaramente che la città non accetta più che venga finanziato qualsiasi porto italiano eccetto che il nostro. Ce lo devono, per avere distrutto il sistema navale integrato che faceva grande l’economia triestina. Lo devono anche al mondo, perchè la rotta adriatica permette di abbassare drasticamente i costi di trasporto con benefici sull’economia di molti paesi nord ed est europei, oltre che per i paesi produttori come la Cina e la Germania.
Gli investimenti rientrerebbero nel giro di 30-40 anni sotto forma di tasse e sviluppo. Il porto di Trieste ha molti amici nel mondo, ma per ora ha un solo nemico: la Repubblica italiana. Un tanto bisognerebbe spiegare alla segreteria del PD, e farsi promettere che ci sarà un’inversione di tendenza, che finalmente l’Italia investirà anche qui.