Tra pochi giorni eleggeremo il Presidente della Regione: il suo primo compito sarà quello di affrontare una spaventosa crisi economica e occupazionale cercando di dare risposte che contribuiscano a superarla.
Il Porto di Trieste rappresenta in questo senso un’opportunità straordinaria, unica nel panorama regionale: il suo sviluppo potrebbe diventare un volano economico in grado di garantire lavoro e benessere a una moltitudine di imprese con importanti ricadute occupazionali, per tanti giovani e non, della nostra città e della nostra regione.
Per cogliere questa opportunità è necessario che tra le Istituzioni locali e il Governo nazionale vi sia una visione strategica comune che, una volta condivisa, veda tutti i soggetti interessati collaborare per il raggiungimento del comune obbiettivo.
Con questa lettera intendiamo rappresentare ai candidati alla Presidenza della Regione la nostra idea di sviluppo per il Porto di Trieste, idea che riteniamo essere condivisa dalla stragrande maggioranza dei nostri concittadini, chiedendo loro di esprimersi per chiarire, non a noi ma ai cittadini a cui chiedono il voto, quale sia il loro pensiero e con quali strumenti e risorse intendano eventualmente perseguire il loro obbiettivo strategico.
Il Piano Regolatore del Porto individua nella zona industriale e nella baia di Zaule le aree strategiche per il proprio sviluppo; a conferma di ciò, il Comitato Portuale ha approvato all’unanimità il piano operativo triennale che prevede ingenti investimenti per il raddoppio del Molo VII e la realizzazione di opere infrastrutturali nell’area dello Scalo legnami, della piattaforma logistica e del terminal ro-ro (ex Aquila). Non è un caso che nel piano operativo nulla sia previsto per il Porto Vecchio.
Questo è un tema fondamentale per la città, che assiste al paradosso di un fronte mare unico in Europa quanto a potenzialità, ma che da troppi anni, da Polis a Trieste Futura all’Expò fino a Portocittà, è diventato il simbolo delle occasioni perdute.
Tutti coloro che venendo a Trieste visitano quel luogo rimangono sospesi tra la sua bellezza da valorizzare e lo sgomento per l’abbandono. Lo dicono grandi urbanisti, ultimo Gonçalo Byrne, che descrivono una straordinaria trasformazione possibile come un’opportunità unica che questa città avrebbe la fortuna di poter cogliere.
Per farlo basta prendere atto che quel luogo non ha le caratteristiche per essere un porto moderno: non ne ha i fondali, che ci sono invece in Porto Nuovo, non ha le banchine adatte, mentre per contro ha magazzini storici vincolati e quindi intoccabili, per di più distanti dalle banchine, e non è collegato alla grande viabilità a meno di non voler trasformare le Rive in un’autostrada per i TIR. Inoltre, relativamente a tutte le attività industriali e commerciali che potrebbero, a detta di alcuni, giovarsi anche del regime di Punto Franco, si possono a tal fine individuare spazi più che sufficienti nelle aree attualmente inutilizzate o di imminente riconversione nel Porto Nuovo.
Viceversa la riqualificazione urbana del Porto Vecchio, che è bene chiarire nulla ha a che fare con la speculazione edilizia (numerosi sono gli esempi in tutto il mondo, da Genova a Barcellona, da Sidney a Buenos Aires, dove il recupero del Porto Vecchio ha generato svariate attività pubbliche e private non di edilizia speculativa che hanno messo in moto un importante volano economico…), potrebbe garantire cospicue risorse, sulle quali oggi è difficile poter contare, da destinare alle opere necessarie per rendere moderno e competitivo il Porto Nuovo.
Per questo vorremmo sapere, dalla voce dei candidati, come la pensa il futuro Presidente.
Se condivide la nostra idea, dica come intenda contribuire a questa visione, quali passi farà e quali iniziative assumerà a partire dalla chiara definizione delle competenze amministrative e urbanistiche: le aree portuali vanno amministrate dalla competente Autorità, le aree urbane dal Comune di Trieste.
Se invece ritiene che il Porto Vecchio debba rimanere porto, spieghi con quali risorse e con quali strumenti sarebbe in grado di superare gli ostacoli naturali, urbanistici e infrastrutturali che, a nostro modo di vedere, rendono impossibile in quell’area lo sviluppo della moderna portualità ed espliciti anche con quali risorse intenda far fronte alle previste e indispensabili opere infrastrutturali di ammodernamento del Porto Nuovo.
Roberto Antonione, Michele Balbi, Sergio Bartole, Giovanni Borgna, Etta Carignani, Maurizio Consoli, Roberto Cosolini, Stefano Fantoni, Cristiana Fiandra, Barbara Franchin, Augusto Grube, Claudio Magris, Salvatore Noè, Federico Pacorini, Alfredo Paparo, Alberto Pasino, Maria Cristina Pedicchio, Giovanni Perissinotto, Francesco Peroni, Vittorio Piccoli, Rado Race, Sergio Razeto, Giorgio Sulligoi, Paolo Tassinari, Vittorio Torbianelli, Paolo Vrabec.
Buongiorno io credo che se non per le grandi navi il porto vecchio potrebbe servire come Marina e per le navi da Crociera e per il traghetto per Grado, Lignano, Muggia e Barcola, Grignano, Sistiana, ovviamente per i crocieristi bisognerebbe fare una nuova Stazione Marittima, magari nel magazzino vini.
Concordo con il documento
Un saluto
Gent. Sindaco Cosolini,
Concordo pienamente con la visione espressa nella lettera, e aggiungo che pare vergognoso lasciar “perire” nell’incuria i magazzini del Porto Vecchio, simbolo di storia e di traffici marittimi. La ristrutturazione, cum grano salis, del Porto Vecchio potrebbe fare di Trieste una realtà cittadina ancor più bella, monumentale e ospitale. Ma è possibile anche l’ipotesi contraria, a seconda di come i lavori saranno progettati e diretti e, soprattutto, a seconda di quale “progetto” di sviluppo animerà l’intervento.
Un saluto cordiale
Stefano Amadeo
“spes ultima dea”
è terribile ed incredibile che queste riflessioni, così lineari e di buon senso, siano state incatenate per decenni …probabilmente siamo all’ultima possibilità e non possiamo perderla per l’inerzia e gli interessi di pochi, che certo non hanno a cuore il futuro di trieste
Quoto-come si dice ora- pienamente con il contenuto della lettera. Credo che la riqualificazione urbana del porto vecchio sia l’ unica via di uscita per la riappropiazione dell’ area da parte della cittadinanza.
Forza Sindaco
Corrado Fumis
Rilancio un’idea già trasmessa a Roberto, cui non ha dato ancora riscontro. Sintesi: fra 30 anni risorse energetiche fossili e scambi renderanno appetibile il traffico su idrovia(collegamento ALTO ADRIATICO-DANUBIO).TRIESTE-Porto Vecchio può esserne il terminal sud. Le azioni della Società dovrebbero essere vincolate a cittadini ed enti pubblici locali. La costruzione di container e chiatte rilancerebbe l’attività industriale. E fare in PORTO VECCHIO la SCUOLA SUPERIORE DI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE(per catturare quel residuo di spirito austro-ungarico che tal-volta aleggia su Trieste) potrebbe ottimizzare l’uso di strutture vincolate. AUGURI!
è sconcertante che si riproponga la difesa del porto e della portualità in associazione all’utilizzo portuale di quello che fu il Porto nuovo asburgico …
Ben venga l’iniziativa di Cosolini che condivido in pieno … anche per questo vorrei ascoltare questa sera a Trieste Grillo e Galluccio che sembra intendano trattare proprio questo tema ….
Veramente lodevole da parte di questo sindaco continuare ancora, sull’onda dei suoi , predecessori, esercitare la massima pressione per chiudere alla sua funzione precipua il Punto Franco Vecchio del porto di Trieste. E’ inutile ricordare non il porto asburgico bensì il porto sin agli anni ’80 quale volano economico era e potrebbe ancora essere. Bisogna però ricordare la cecità della politica locale messa in campo al fine di allontanare da Trieste i traffici che venivano svolti nel porto vecchio , che tutt’ora vengono svolti in porti come Monfalcone , San Giorgio di Nogaro , Koper/Capodistria e che nessuno , sino ad oggi, dai politici ai magistrati, ai sindacalisti ha voluto “portare a galla” , chissà perché. Queste sono però reminiscenze inutili, bisogna guardare avanti. Certamente il porto vecchio non potrà più avere e gestire i traffici che oramai ne sono stati allontanati, però può ancora svolgere la sua funzione portuale , anche se all’interno della città. Anzi potrebbe proprio essere quella la sua arma vincente . Fantastico è stato portare i traghetti della Anek Lines all’esterno del molo VII ! complimenti vivissimi per l’idea ! cosi anche loro se ne sono andati dove la gente (quelli che pagano) vengono ospitati in aree decenti . Ecco che nell’era della straparlata autostrada del mare potrebbe essere un’ ottimo capolinea per un’ arrivo direttamente in centro città, in un porto antico che , come proprio come da Lei ricordato, è una meraviglia di architettura industriale . I fondali del Porto Vecchio non sono bassi , basta vedere le navi che presso l’ Adria Terminal vanno ad attraccare; come tutti i traghetti greci che negli anni ’80 attraccavano, in regime di Punto Franco, alle banchine del Porto Vecchio. Penso signor Sindaco che bisognerebbe avere il coraggio di dire le cose come stanno : che proprio la classe politica triestina, regionale e nazionale hanno voluto affossare il Porto Vecchio, non la vetustà delle strutture o la centralità dell’area o la mancanza delle merci, bensì per un disegno chiaro e lampante atto a far si che i traffici prendano altre vie forse più “comode ed interessanti” politicamente. Il lavoro da noi manca ma non è che trasformando un sito da porto a “giardino dell’Eden” si risolve il problema; quando sarà , come dite Voi, “restituito alla città” il lavoro finirà (che sarà sicuramente svolto da maestranze non locali e da aziende che non affondano le loro radici nel territorio :vedi grande viabilità) .Bisogna ridare alla città il suo porto e far si che divenga accogliente per le merci e i passeggeri che vogliono venire o che ne vengano attirate dall’unione delle forze imprenditoriali , politiche ed istituzionali della Città.
Il lavoro non dev’essere allontanato ma ricercato e “coccolato” non di sicuro come sino ad oggi è stato fatto.
Le auguro un buon lavoro , ma ci pensi sig Sindaco al Porto Vecchio rimesso come chi ci lavorava lo aveva lasciato, anche se “vecchio” operoso , oppure riadattato ai moderni traffici navali siano essi di merci o di passeggeri, ci pensi.
Grazie per l’attenzione
Uno stato con un debito pubblico elevato come il nostro deve prevedere per i beni che costituiscono il proprio patrimonio un impiego utile ai cittadini, altrimenti deve alienare questi beni ad un prezzo equo ed utilizzare il corrispettivo per diminuire il proprio debito. Quindi il Porto Vecchio, che da anni è inutilizzato, deve essere in parte ceduto ad altri enti pubblici (Comune) ed in parte venduto a privati, che lo paghino, e, guadagnandoci, lo usino creando nuovo lavoro e pagando nuove tasse.
Comunque so per esperienza diretta che è assurdo per un imprenditore investire in zona franca allo scopo di effettuare una trasformazione industriale estero per estero:
le norme europee ed italiane sono tali da rendere estremamente più conveniente installarsi in area nazionale utilizzando gli istituti del deposito doganale privato, che sono semplici, flessibili e temporanei quanto serve.
Smettiamola quindi di illuderci che nel Porto Vecchio, visto come area extradoganale, venga ad investire una ditta giapponese (?) per produrre con materie prime non sdoganate cinesi (?) prodotti da vendere in Uzbekistan (?), ed spostiamo finalmente da lì la Zona Franca.
Sono pefettamente daccordo con il contenuto della lettera e credo che il primo passo debba essere lo spotamento del punto franco e bisogna intraprendere tutte le iniziative possibili perchè ciò di fatto avvenga.
Porto Vecchio in bilico tra vivere e morire.
Se siamo consapevoli che ormai la possibilità di poter ottenere finanziamenti pubblici per far rivivere il Porto Vecchio non esiste, poiché detti finanziamenti sono ormai purtroppo da diverso tempo ridotti al lumicino, e che un futuro Emporiale non sia più proponibile sia per gli irremovibili vincoli sugli immobili che per la mancanza di collegamenti gomma/rotaia adeguati per supportare le notevoli esigenze della Portualità del Terzo Millennio, per rendersi conto di quali siano le esigenze di un moderno Scalo consiglierei una visita al sito >>> https://portualita-del-terzo-millennio.jimdo.com quindi per immaginare per quest’area un futuro penso che non ci rimane che un’unica via “togliere i lacci e laccioli” che incombono sulla libera fruizione dell’area per consentire il suo possibile riuso in chiave Cittadina.
Riuso in chiave cittadina perseguibile soltanto se chiaramente nel rispetto e la tutela dell’aspetto esteriore degli immobili presenti nel variegato Complesso Emporiale, quest’area dovrebbe essere liberata da vincoli sia di Punto Franco che Demaniali. Punto Franco che potrebbe essere opportunamente trasferito in altri siti posti a Est del nostro frontemare e magari all’occorrenza anche ampliato andando, sia a recuperare ampi spazi al mare che modificando la destinazione d’uso a fini portali di alcuni siti industriali dismessi o in via di probabile prossima dismissione, le aree che si andrebbero a recuperate a Est sarebbero certamente molto più adeguate sia per dimensioni che per le caratteristiche/potenzialità dei collegamenti gomma/rotaia disponibili attuali/futuri, elementi questi assolutamente indispensabili per consentire al nostro Scalo di poter incrementare le sue potenzialità e metterlo realmente nella condizione di essere in grado di assecondare le notevoli crescenti esigenze dei flussi merceologici e dei vettori che l’Armamento sta mettendo in linea sulle rotte internazionali. >>> https://triestesuperporto.jimdo.com
Nb. I pianificatori credo dovrebbero tenere in debita considerazione il fatto che le potenzialità degli Scali moderni non si basano più come in passato sul loro ruolo Emporiale, ma si misurano essenzialmente in merito alla loro capacita di movimentare e smaltire rapidamente le merci in transito. L’attività Emporiale invece forse potrebbe rifiorire nelle ampie aree retroportuali che se disponibili ed adeguatamente dimensionate/urbanizzate potrebbero generare significativi stimoli/interessi tra gli investitori/operatori, i quali comunque per insediare le loro attività chiedono una concreta semplificazione delle pratiche burocratiche e la razionalizzazione di alcune nostre discutibili e farraginose normative che attualmente sono purtroppo fonte di ricorsi ed interminabile conflittualità.
Soltanto se liberata da lacci e laccioli l’area del Porto Vecchio sarebbe realmente fruibile e si creerebbero le condizioni minimali per sperare di poter generare nuovi e significativi stimoli ed interessi tra i potenziali investitori/imprenditori privati, per far si possa intraprendere un percorso che la porti a divenire una parte integrale della Città e per consentire quindi che questo nostro gioiello immobiliare ereditato dal passato possa finalmente un bel giorno lasciate alle spalle le deleterie e spesso strumentali contrapposizioni del passato ritornare a pulsare giorno e notte, per generare nuove economie e lavoro per il nostro territorio.
Parte integrale della Città in cui sia consentito l’insediamento di tutte le attività normalmente previste nel resto dell’area urbana Triestina, siano esse – museali – congressuali – artigianali – manifatturiere – alberghiere – abitative – Istituzionali – commerciali – ricreative – parchi tematici – aree espositive – immaginando pure il possibile ulteriore sviluppo di attività marinare magari con la realizzazione di una nuova moderna Stazione Marittima che sia in grado di assecondare le crescenti notevoli esigenze del mercato >>> https://trieste-terminal-passeggeri.jimdo.com , soluzione questa che ci consentirebbe di sfruttare una nostra straordinaria opportunità “poter riunire in un unico ambito logistico funzionale” le varie tipologie di trasporto legate alla mobilità delle persone “Stazione Ferroviaria – Stazione Autocorriere – Terminal Crociere” ed il tutto adeguatamente supportato da notevoli aree a disposizione per poter gestire convenientemente sia la logistica che da destinare a parcheggi d’interscambio per i turisti in transito.
Chiaramente la durata delle concessioni ed i canoni richiesti dovrebbero fluttuare sia in base all’impegno finanziario dei vari imprenditori che alla presumibile consistenza del volano economico occupazionale che le varie iniziative sarebbe in grado di materializzare.
BRUNELLO ZANITTI Giuliano