La possibilità da parte del Comune di prevedere l’eventuale vendita, se necessario, di una parte delle azioni di Hera S.p.A. “libere” (ovvero al di fuori del “patto di sindacato” costituito con le amministrazioni locali delle altre città) e attualmente di proprietà del Comune stesso – possibilità che è oggetto di una specifica delibera che andrà in discussione nella seduta del Consiglio comunale di giovedì 16 aprile 2015 -, nonché gli scopi eminentemente pubblici di una tale operazione che, ove realizzata, servirebbe a finanziare le più importanti e indifferibili opere pubbliche di cui la città ha bisogno, sono stati illustrati dal Sindaco Roberto. Per compiutamente spiegare un tema di per sé non semplice, nel contempo non volendo tralasciare alcun aspetto della questione – è bene articolare l’argomento in più parti.
In primo luogo bisogna chiarire che l’ipotizzato abbassamento del “Patto di Sindacato” al di sotto della ‘soglia’ del 51%, collocandolo invece al 38,5%, non significa – come paventato da alcuni – un ‘via libera’ verso una serie di privatizzazioni dei servizi pubblici. Ciò non è pertinente poiché in si tratta di servizi (ad es. per la distribuzione del gas, in futuro dell’acqua ecc.) tutti soggetti, alla scadenza delle concessioni in essere, a gara aperta per l’affidamento della gestione, e ciò indipendentemente dalla quota detenuta dal pubblico in Hera o in un’altra multiutility. Le gare per i diversi servizi potrebbero infatti venir vinte anche da imprese private di altri Paesi: un’ipotesi –ponendo un esempio oggi non più praticabile – che potrebbe venir evitata in assoluto solo con una gestione cosiddetta “in house”, ovvero tornando a un’azienda totalmente pubblica al 100%, ma come sappiamo Acegas è quotata in Borsa ormai da più di 15 anni. Non vi sono quindi meccanismi per cui una maggioranza pubblica in Hera garantisca in assoluto che i servizi offerti restino a quella società, mentre vi sono – questi sì – i contratti e meccanismi regolatori (ad es. nel settore dell’acqua) che garantiscono un adeguato rapporto di servizio, standard qualitativi ecc.
Per quanto concerne il controllo su Hera questo, con un patto di sindacato al 38,5, è più che assicurato. Le società quotate sono di solito controllate da patti ben inferiori, e in ogni caso la parte pubblica di Hera nominerà la maggioranza del C.d.A.. In più viene introdotto il cosiddetto “voto maggiorato”, riservato per statuto ai “soci storici”, per cui il controllo non verrà assolutamente perso dai Comuni soci. Tale voto maggiorato garantisce una forte maggioranza assembleare al “patto di sindacato” nelle decisioni fondamentali.
Ma poi – ecco la seconda parte della questione – la possibilità che le azioni di Hera “fuori patto di sindacato” siano liberamente disponibili non significa automaticamente che saranno effettivamente poste in vendita né, tanto meno, che verranno vendute completamente. Infatti, come si è visto nel 2014, nonostante vi sia stata la possibilità di vendere 13 milioni di azioni “libere dal patto”, il Comune di Trieste è riuscito a programmare il proprio Piano delle opere senza dover ricorrere ad alcuna vendita, potendo accedere invece a nuovi spazi finanziari per superare il Patto di Stabilità.
E’ bene precisare in proposito che le opere pubbliche, nell’”era” del Patto di Stabilità, possono essere programmate in base ai pagamenti possibili, nei limiti degli spazi finanziari consentiti, in conto capitale. Quindi è limitata anche la possibilità di pagare, indipendentemente dal fatto che i cantieri abbiano copertura finanziaria e che il Comune disponga, come è nel nostro caso, di liquidità, oltre ad avere un bilancio sano in tutti i suoi aspetti.
Un Comune può pagare, quindi appaltare, solo ampliando i propri spazi finanziari e ciò può avvenire unicamente attraverso tre modalità: l’ampliamento, in corso d’anno, degli spazi da parte di Stato e/o Regione (come avvenuto nel 2014), oppure, in modo corrispondente alle entrate in conto capitale, attraverso alienazioni di immobili o con la vendita di quote delle società partecipate (come nel caso di Hera). In quest’ultimo caso, l’aver previsto la possibilità di alienare azioni “fuori patto” (come già con le 13.522.625 azioni nel 2014) potrà consentire di implementare, anche nel 2015, un piano di opere importante. Non prevedere questa possibilità vuol dire, invece, bloccare tutti gli appalti programmati.
Oggi gli spazi finanziari certi per il triennio 2015-2017 sono, infatti, di 18 milioni di Euro, mentre i pagamenti programmati per lo stesso triennio sono di ben 68 milioni. Questo “gap” di 50 milioni si potrà recuperare, come detto, solo con spazi finanziari che via via potranno arrivare, da cessioni di immobili da concretizzare, o dall’eventuale vendita di azioni Hera. In attesa dello sviluppo delle possibilità di cui sopra, ecco che le 25.528.000 azioni “libere” secondo il nuovo “patto di sindacato”, interverrebbero cautelativamente a coprire, quale garanzia, tale differenza. Pertanto, bloccare in tutto la possibilità di vendita di queste azioni stopperebbe non solo gli appalti programmati ma anche cantieri in corso (con pagamenti complessivi stimati per oltre 55 milioni di Euro) tra cui quelli per il completamento dello Stadio “Pino Grezar”, per il comprensorio scolastico del Dante Alighieri, per la riqualificazione e ripavimentazione del Borgo Teresiano (Ponterosso, via Trento, Largo Panfili), primi lotti di marciapiedi, adeguamenti antincendio negli asili nido, manutenzione palestre, lotti di manutenzione di strade e giardini ecc.
Senza dimenticare che con ciò si bloccherebbe anche il prezioso “ossigeno” che i vari cantieri stanno conferendo al comparto dell’edilizia cittadina già in forte difficoltà. Ricordiamo che proprio grazie al Piano delle Opere del Comune di Trieste nei primi tre mesi del 2015 sono stati assegnati lavori per 3.462.405 milioni di Euro di cui il 60% a imprese della nostra provincia, nella seconda parte del 2014 erano stati assegnati 13 milioni di cui il 52% a imprese triestine e altri 9 milioni dovrebbero andare in appalto da qui a luglio 2015. Vi è, infine, un ulteriore effetto positivo della possibile e futura alienazione, anche parziale, delle azioni. Ad esempio, con la vendita di 5 milioni di azioni, equivalenti a circa 10 milioni di Euro, oltre ad aprire gli spazi finanziari per il pagamento delle opere previste e già coperte da finanziamento, la nuova entrata in conto capitale che ne deriverebbe aprirebbe la possibilità di finanziare nuove opere in attesa di copertura. Quali, per esempio, ulteriori 7 lotti di manutenzione di marciapiedi (per 3 milioni e 500mila), altri interventi su plessi scolastici, per il restauro della Chiesa di San Rocco a Santa Croce, per manutenzioni di strade e altro ancora.