Sono passati tre anni dal cambio di amministrazione alla guida di Trieste. Tra opportunità confermate, prima fra tutte quella legata al porto, e distanze profonde sull’idea di città e di comunità, mi interessa, più che soffermarmi a giudicare le scelte di chi è venuto dopo di me, proporre qualche idea sulla strada da fare, convinto come sono che questa città sia ancora in bilico tra il poter cogliere grandi opportunità per il futuro o il condannarsi ad un declino irreversibile.
Comincio dall’economia per dire che Trieste non può affidarsi semplicemente al momento di successo del porto, al buon andamento del turismo – pur confermato ormai da diversi anni – oppure all’aspettativa di qualche fortunata operazione immobiliare in Porto Vecchio o in altro sito. Affidarsi alla congiuntura non basta, serve un’idea di sviluppo che comprenda, e anzi rafforzi, tutto il potenziale di Trieste: viviamo nell’economia dell’innovazione e delle relazioni e saranno sempre più le aree urbane, le città, ad essere il centro dello sviluppo.
Forse il concetto chiave è quello dell’attrattività, da declinare a tutto campo: attrattivo deve essere un porto, attrattiva per i turisti deve essere una città, attrattiva deve essere la sua vita culturale, attrattivi bisogna essere per le imprese e soprattutto per i giovani. Se Trieste oggi risulta attrattiva sotto alcuni aspetti, è grazie ad investimenti effettuati nel tempo: cito ad esempio il porto, dove il primo investimento è stata la scelta di un radicale cambio ai vertici. Anche sul turismo si è lavorato per anni verso i risultati di oggi: grandi eventi, città vivibile, reputazione internazionale. Proprio quest’ultima è stata fondamentale per ottenere un risultato importante come l’assegnazione di ESOF 2020: ben difficilmente ESOF sarebbe arrivata se dal 2012 non ci fosse stata Trieste Next, e prima ancora Fest, e se alcuni anni fa non ci fosse stata un’azione “diplomatica” della città per costruire rapporti con Vienna, Lubiana, Zagabria, Sarajevo, Graz, Fiume…Trieste infatti l’ha spuntata nella corsa ad ESOF perché ha potuto presentarsi anche come riferimento della ricerca del Centro Est Europa.
Oltre a raccogliere i frutti degli investimenti passati, per essere attrattiva Trieste deve continuare ad investire. Lo si fa con una visione ed una strategia, che certo non viene corroborata da segni di intolleranza di qualsiasi genere o da operazioni nostalgiche che provocano inevitabili reazioni uguali e contrarie. Si è attrattivi a tutto campo, non solo per qualche investimento immobiliare, ma perché si offre un mix di fattori: economici, culturali, sociali.
Come dicevo, Trieste è ancora in bilico. Mi limito a citare alcuni aspetti, in modo certo non esaustivo, su cui ritengo sia importante lavorare se vogliamo una città capace di fare il salto di qualità.
Il primo: essere una capitale d’area significa investire sui rapporti con altre città europee, costruendo occasioni istituzionali, collaborazioni culturali e formative, legami economici, iniziative comuni – ponti insomma – e investire sui rapporti transfrontalieri. Se Trieste non persegue questa sua vocazione naturale, ne paga le conseguenze.
Il secondo: passare definitivamente dall’essere una città con l’università ad essere una città universitaria. Ciò richiede una scelta chiara ed un investimento in servizi, in rigenerazione urbana, oltre che in valorizzazione internazionale del nostro sistema dell’alta formazione. È importante anche per creare le premesse per un’inversione del trend demografico, che è il primo problema del futuro di Trieste, ed è importante inoltre perché un ambiente di formazione di qualità è attrattivo per imprese ad alto contenuto di conoscenza, alla ricerca di risorse umane. Studiare un po’ di casi europei di successo può essere illuminante.
Il terzo: essere una città moderna e smart: destinare innovazione e tecnologie al miglioramento della qualità della vita e dei servizi e alla sostenibilità ambientale ed energetica. Questo era il senso di alcuni strumenti di programmazione, come il Piano Regolatore, quello del Traffico o il Piano per Ambiente ed Energia Sostenibili. Ma era anche il senso di scelte come l’Hackathon del 2016, una 24 ore con un centinaio di giovani talenti impegnati a progettare soluzioni tecnologiche per migliorare i servizi urbani, o come la scelta di utilizzare al meglio le potenzialità di trasporto su rotaia in ambito urbano, collegando Barcola al centro attraverso Porto Vecchio.
Continuo ricordando la necessità di non mollare l’azione di lobby istituzionale rivolta all’attuazione degli interventi per potenziare i collegamenti ferroviari per merci e persone, che l’azione degli anni scorsi ha consentito di programmare e finanziare.
Sono queste alcune chiavi possibili, importanti tra l’altro per declinare una strategia volta ad una piena valorizzazione di alcuni asset, in primis Porto Vecchio.
Infine: nel mondo le città leader, motori economici e sociali, sono dappertutto aperte, inclusive, tolleranti, capaci di costruire un clima sociale positivo, piuttosto che di cavalcare le negatività di questo periodo. È difficile – ad esempio – attrarre giovani talenti in ambienti intrisi di fobie ed intolleranza.
Se davanti al bivio tra futuro e declino vogliamo scegliere la prima strada c’è, anche in vista delle elezioni del 2021, un grande ed immediato spazio per un cantiere di idee aperto a tutti.
Roberto Cosolini