Roberto Cosolini ha fatto visita a un luogo fondamentale della storia letteraria triestina, la Libreria Antiquaria Umberto Saba, retta con forza d’animo e caparbietà da Mario Cerne. Ambiente affascinante, visitato da studiosi e turisti, ma ignorato dalle amministrazioni comunale e regionale, che non l’hanno inserito tra i locali storici della città.
Che cosa succederà quando Mario Cerne, figlio di Carletto, memoria storica di quanto è passato nella sua libreria, deciderà di andare in pensione?
«Dobbiamo partire da un assunto molto semplice: è necessario dare continuità all’esercizio» ha affermato il candidato sindaco Roberto Cosolini, che dopo le promesse di Vittorio Sgarbi, passate ormai nel dimenticatoio, propone:«Credo che un luogo così speciale debba continuare la sua storia su un doppio binario: da un lato una giusta e non invasiva musealizzazione, che permetta ai turisti di fruire della “libreria di Saba” e agli studiosi di trovare il loro naturale luogo d’incontro. Dall’altro bisogna far vivere l’attività, magari passando il testimone a una cooperativa di giovani che riescano a far tesoro del passato, guardando con entusiasmo al futuro».
Ma il fitto dialogo tra Cerne e Cosolini si è spinto anche oltre, ipotizzando la nascita di una Fondazione nella quale dovranno avere un ruolo primario la Comunità ebraica, proprietaria del locale, e la famiglia Cerne. Perché abbassare la serranda della Libreria Saba non sarebbe la chiusura di un altro negozio a Trieste, ma significherebbe perdere inesorabilmente un pezzo del nostro passato.
FINALMENTE un politico che se ricorda della storia e della cultura vera di questa città. Non so se poi farà qualcosa davvero o NIENTE COME TUTTI GLI ALTRI DA SEMPRE, ma almeno si è posto il problema.
Caro Cosolini, tutto sono meno che di sinistra, ma Lei avrà il mio voto.
Ottima idea! Bisognerebbe anche andare all’Archivio di Stato, dove c’è un altro patrimonio inestimabile e manca personale; in Biblioteca civica; presso le altre biblioteche rionali. In tutti i luoghi, insomma, dove la cultura e la formazione si fa, resistendo al disastro!
Cultura. Politica culturale. Cosa dovrebbero essere? Non soldi a pioggia a chiunque. Non acquisti di mostre “da fuori” a scatola chiusa. Non promozione delle piccole convinzioni culturali di una oligarchia politica. Non una politica dei “muri” e dei musei vuoti di anima. Ma il risveglio, il supporto, l’ampificazione, il dono al pubblico (cittadino, nazionale, mondiale, se si è bravi), dell’energia creativa di un luogo: delle sue menti, dei suoi sentimenti, delle sue storie e dei suoi racconti, delle sue musiche, delle sue immagini, dei suoi oggetti di “design”, delle sue tecnologie, in modo che questi escano dai meandri dell’animo del singolo e incontrandosi eventualmente a quelli di altri, diventino valore per tutti. Valore per chi si riconosce in un luogo, valore di consolazione per la bellezza e per lo stupore del creare; ma anche, perchè no, valore economico per chi viene a vedere il “frutto vero” prodotto dall’uomo in quel luogo, in quel momento. Umberto Saba: creatore di parole nate da una vita vera in questo nostro luogo, oggi diventate mito. Custodire questi piccoli patrimoni, come la libreria di Saba, significa simbolicamente avere a cuore patrimoni di chiunque potrebbe oggi “fare cultura”, trasformandosi in “mito” dell’oggi, secondo la libertà che in ogni tempo è dell’arte. Fare cultura: sostenere il parteciparvi, non consumarla, come si farebbe con il terzo annoiato aperitivo di una sera. Costruiamo una politica culturale che si fondi su queste energie, raccogliendole, dando loro solo lo spazio di incontrarsi, senza intromettersi! Il sacello di Saba, luogo del ricorso della “vera vita” di un cittadino-poeta, potrebbe essere uno dei simboli sacri di questo modo di onorare il “fare cultura”.
Vittorio Torbianelli