Il giorno in cui Matteo Renzi riceveva l’incarico di formare il nuovo Governo ho incontrato in Municipio una rappresentanza di imprenditori e artigiani.Dopo la loro visita ho scritto una lettera al neo Presidente del Consiglio che ritengo quanto mai attuale in quanto esprime il punto di vista di un Sindaco che, ogni giorno, fa i conti con la crisi che colpisce la sua Comunità ed è consapevole di quante energie e potenzialità questo nostro Paese ha e potrebbe mettere in campo.
Tra queste il talento, lo spirito imprenditoriale e la caparbietà di una realtà di piccole e medie imprese, unica al mondo, che nei vari campi della produzione dei servizi, al patrimonio pubblico e alla Comunità; dell’innovazione; del turismo; della cultura potrà darci tanto se supportata e non soffocata da un’inerzia negativa.
Caro Matteo,
questa mattina hai ricevuto l’incarico per formare il nuovo Governo.
Più o meno nello stesso momento io ho incontrato una delegazione della Confartigianato
che mi ha rappresentato le ragioni della grande manifestazione nazionale delle piccole e medie imprese in programma a Roma e di cui certo sei a conoscenza.
Questi due fatti, apparentemente così distanti fra loro, sono però accomunati da ciò che
mi hai detto quando l’altro giorno ti ho augurato il mio “in bocca al lupo” ovvero che idealmente ed emotivamente non avresti mai smesso di essere un Sindaco.
Da Sindaco perciò, come me, conosci la realtà quotidiana degli artigiani che ogni mattina alzano la saracinesca, in senso fisico e simbolico, e creano ricchezza e occupazione.
Sai con quanta fatica hanno messo su le loro aziende, le hanno fatte crescere facendo
così crescere l’Italia: hanno dato un contributo fondamentale alla diffusione del benessere, alla coesione sociale, a mantenere vive e valorizzare tradizioni di mestieri, capacità manuali,
creatività, che nascono dalla cultura profonda di questo Paese e che lo rendono per certi versi unico.
Hanno saputo innovare, evolversi e hanno creato posti di lavoro, tanti, in particolare
quando le ristrutturazioni delle grandi imprese mandavano gente a casa.
Lo hanno fatto fra tante difficoltà, non ultime le arretratezze strutturali del cosiddetto
“Sistema Italia“, una pressione fiscale crescente, in molti casi insostenibile, aggravata dal peso e dai costi di un sistema burocratico che noi come Sindaci ben conosciamo.
Se domani in decine di migliaia lasciano per un giorno l’impresa e vengono a Roma è
perché non ce la fanno più: non ce la fanno più in un Paese dove le banche vengono salvate ma le banche non li aiutano a salvarsi, non ce la fanno più perché il peso burocratico è diventato insostenibile per il tempo e le energie che sottrae loro e che vorrebbero dedicare ad affrontare la crisi, non ce la fanno più perché anche il patto di stabilità così come è oggi accentua la loro 2 situazione di difficoltà oltre a creare danni al patrimonio pubblico che a noi sindaci è dato in custodia senza che ci si consenta però di curarlo per evitare il suo impoverimento e il suo degrado.
Il problema, caro Matteo, è che per farcela l’Italia ha bisogno che ce la facciano anche loro, gli artigiani, i commercianti, le piccole imprese della produzione e dei servizi.
Il Tuo vuole essere un Governo di svolta con cui l’Italia cambia verso; la svolta parte anche da qui, dal ridare fiducia a chi può creare economia e occupazione, dal trattare finalmente allo stesso modo la crisi o la difficoltà eclatante di una azienda che ha cinquecento o mille dipendenti e quella silenziosa di tante piccole imprese perché le conseguenze economiche e sociali sono altrettanti importanti gravi ed importanti.
Bastano poche cose per cominciare:
a) una sforbiciata vera al peso insostenibile della burocrazia, per cominciare a creare
nuovamente un patto di fiducia e collaborazione tra il sistema pubblico e il mondo
dell’economia;
b) l’allentamento del patto di stabilità per poter investire le risorse che abbiamo per la manutenzione e la cura del patrimonio pubblico, migliorando la qualità della vita della comunità e facendo lavorare le imprese, generando così un circuito virtuoso che poi alimenta il gettito erariale e riduce la spesa assistenziale;
c) un indispensabile progressivo calo della pressione fiscale e soprattutto una
semplificazione del sistema impositivo in modo da ridurre gli oneri indiretti;
d) una distinzione chiara e definitiva tra chi evade, ovvero occulta al fisco ricchezza
prodotta, danneggiando la comunità e anche le imprese regolari, e chi talora si trova
obbligato, pur denunciandola, a posporre il pagamento di una imposta, magari perché in mancanza di liquidità da la priorità agli stipendi dei dipendenti. Con questi ultimi, se vogliamo che il Patto tra Stato e cittadini sia equo, dobbiamo comportarci con le stesse regole che valgono quando ad essere debitore nei loro confronti è lo Stato.
Diamo fiducia e speranza a questa realtà fatta di amore per il lavoro, di capacità di sacrificio e di responsabilità sociale, fatta di professionalità e di talento e daremo speranza e fiducia all’Italia.
E la risposta di Renzi?
Mi attendo una risposta nei fatti, ovvero nei provvedimenti, più che nella forma. In un veloce contatto che abbiamo avuto mi ha detto di condividere i contenuti,
Ora speriamo . Grazie di avermi scritto