Questa difficile crisi che stiamo attraversando ha messo in discussione perfino l’idea stessa di futuro che da decenni vedevamo come una prospettiva di progresso e miglioramento delle condizioni di vita delle persone e come opportunità per i nostri figli. Oggi il problema più sentito per i cittadini è indiscutibilmente il lavoro: tanti l’hanno perso, tanti lo vivono con grande incertezza, tanti giovani lo cercano per la prima volta, invano…
Il lavoro è, perciò, la priorità numero uno per chi amministra la cosa pubblica e governa la comunità a vari livelli, innanzitutto per il Sindaco e per l’Amministrazione della città. Ed è proprio in questo senso che stiamo lavorando, per mettere in campo quelle azioni necessarie a favorire la tenuta e la ripresa dell’economia e quindi il mantenimento e la creazione di nuovi posti di lavoro. Alcuni importanti, veri e concreti risultati sono arrivati in queste settimane, per questo è giusto sottolinearli:
- Con un’azione decisa, che ha coinvolto anche la Regione, abbiamo evitato la prospettiva della perdita del lavoro da parte dei precari dei nostri servizi educativi e anzi, siamo riusciti a ottenere un provvedimento legislativo che ci permette di stabilizzare ben 254 persone. In epoca di esternalizzazioni selvagge è un risultato che dà una prospettiva diversa di futuro a 254 famiglie e garantisce una maggior affidabilità ai nostri servizi educativi.
- Il lavoro difficile, teso a salvare un’azienda in crisi e contemporaneamente ad avviarne il risanamento e a migliorarne l’impatto esterno, è iniziato 3 anni fa. Sembrava impossibile ma non abbiamo mollato, nonostante i tanti – in primis chi in Comune e in Regione prima di noi nulla ha fatto – che ci attaccavano. Trovando il supporto della nuova Amministrazione regionale e dopo aver individuato il gruppo industriale, ovvero Arvedi, in grado di intervenire nella disperata situazione di Servola, siamo riusciti passo dopo passo a salvare più di 400 posti di lavoro, ai quali si aggiungono i 200/300 dell’indotto che certamente avrebbero sofferto della chiusura dello stabilimento. Inoltre, abbiamo creato le premesse per gli investimenti migliorativi sull’impatto ambientale, presenti nel piano industriale e che verranno realizzati già nei prossimi mesi, inoltre, assieme alla logistica, potenziata grazie alla banchina, e il progetto dell’acciaieria l’attività e l’occupazione potranno addirittura crescere significativamente.
- Cambiando versante e parlando di turismo, segmento che ci sta dando importanti risultati, la ripresa del progetto di ricupero del Silos, per il quale con gli assessori Elena Mrchigiani ed Edi Kraus abbiamo lavorato, oltre a portare in città un investimento attorno ai 100 milioni di Euro, doterà la città di quel centro congressi a uso esclusivo indispensabile per posizionarsi nel mercato internazionale della congressistica, settore dai numeri molto alti che consentirà un’ulteriore crescita della nostra industria turistica, sviluppandola in particolare nei mesi più difficili per il turismo leisure.
Sono risultati e prospettive importanti. Altri ne arriveranno nei prossimi mesi.
Sì, molte cose sono ancora da fare, ma indubbiamente qualcosa sta effettivamente cambiando (finalmente, in meglio). Ma una cosa la dobbiamo fare NOI, cittadini di Trieste e non solo: riacquistare l’orgoglio (e così anche la dignità). Abbiamo tante “anime e radici”: infatti siamo di origine slovena, austriaca, croata, serba, istriana e quindi veneta e (sì, anche questo va detto, lo siamo diventati tutti e con il sacrificio di molti)… italiana. Confessiamo molte religioni e tutto ciò è un grande patrimonio che (non importa, qui, a causa di chi – e sono molti anche costoro) è andato disperdendosi nel tempo. Ebbene al dunque: piaccia o non piaccia, siamo la “nuova Venezia Giulia”, cosmopolita, multilingue e multietnica (lo sanno bene chi ha girato l’Europa e non solo essa, per capire di quanto Trieste sia tutt’ora amata e considerata) e quindi dobbiamo “alzare la testa, rivendicare la nostra identità (basta con l’ignoranza sulla “Venezia Giulia”, ora ridotta ad un solo quinto della sua storica ampiezza, questo – con l’Europa sempre più senza confini – era e sarà di nuovo la nostra salvezza). Per fare tutto ciò, nessuno ci può aiutare, dobbiamo contare soltanto su noi stessi e f a r e, l a v o r a r e, f a r e s q u a d r a (ora si dice: in rete, ma il concetto è lo stesso). Non sarà facile abbandonare la vecchia ruggine del “no se pol”, si “deve fare” e senza le solite miserabili contrapposizioni che hanno dominato decenni di (amaro) fare niente e di accontentarsi delle rendite di posizione. Insomma: per Trieste, triestini svegliamoci!
Soltanto dopo un sano risveglio saremo pronti per una Trieste metropolitana (al servizio della regione Friuli Venezia Giulia e dell’intera Italia ed Europa. Utopia? Anche l’Europa unita lo era (ed anch’essa ha ora tanto bisogno di un “risveglio”) e per noi, con il passato che abbiamo e che oggi è tutt’ora rappresentato nelle sue genti, dovrebbe essere semmai più facile. Chi dirà che questa è retorica e ostentazione di luoghi comuni, accetterò la critica, sperando altresì che “abbia capito”.