Una rondine non fa primavera, e quindi, nelle belle testimonianze del video abbiamo appena ascoltato ( Stefano Pace, Marina Lusic, Carlo Purassanta, Oscar Farinetti), non c’è la soluzione di tutti i problemi della nostra città.
Ma nelle diverse motivazioni che ci danno del “Perché Trieste” troviamo il filo di moderne ragioni per cui questa città può avere un futuro. Ci parlano di cultura, di ricerca, di tecnologie e innovazione, di talento italiano, di turismo e internazionalità. Anzi tutte e quattro colgono la dimensione internazionale.
Da qui partiamo oggi per vedere: se Trieste si è messa in movimento; se ha carte da giocare; se le nostre scelte di governo di questi anni hanno spinto e spingono in questa direzione, e qual è la direzione
Lo facciamo cercando di rispondere a qualche domanda: la Grande Trieste è solo un ricordo del passato, rappresentato in modo efficace di questi tempi in Pescheria? La passione per la storia, così viva a Trieste al punto che mille persone riempiono questo teatro di domenica mattina per le lezioni di Laterza, è solo esercizio di curiosità e speculazione sul passato, magari da condire con un’abbondante spruzzata di rimpianto e nostalgismo? Oppure dalla storia possiamo trarre, nella profonda diversità delle epoche, dei sistemi, delle conoscenze e delle tecnologie, qualcosa di comune tra ciò che determinò la Grande Trieste e ciò che abbiamo davanti a noi oggi?
Io credo che possiamo, ad esempio, leggere nella gloriosa storia esempi di innovazione, capacità di leggere il futuro e cogliere opportunità. Del glorioso passato dobbiamo soprattutto avere memoria della continua spinta innovativa che ci proiettava nel futuro.
C’è stato un lungo intervallo. Questa città ha sofferto i confini, i muri e la mancanza di un territorio, anzi di territori, con cui relazionarsi.
Ha risentito, poi, anche della convinzione che ci potesse essere benessere
senza sviluppo, senza i costi e i disagi dello sviluppo, al punto da scoprire un’allergia verso lo sviluppo, alle scelte che richiede, ai sacrifici che comporta, ampiamente condivisa e fatta propria dalle classi dirigenti, tale da incamminarsi, così, verso un lungo, lento, dolce declino. Trieste ha sofferto anche di un patto insano tra politica ed economia, insano perché non basato su grandi obiettivi bensì su un forte reciproco condizionamento: molti monopoli, molti privilegi, poco mercato, tanto assistenzialismo.
E sono state questa allergia e questo patto insano a far sì che nella città dove erano nate grandi esperienze e grandi innovazioni si determini il “no se pol”.
Ma Trieste ne sta uscendo. La città ha reagito e negli ultimi tempi hanno preso corpo alcune potenzialità; spesso sono meno “eclatanti ” dell’elenco delle perdite e delle chiusure, inevitabile effetto della crisi ma anche di un cambio d’epoca che modifica profondamente gusti, modi, comportamenti dei consumatori.
Prendiamo un esempio: in tutto il mondo i negozi cambiano perché nulla cambia come il commercio…. a Trieste dove la crisi di un certo commercio è iniziata un quarto di secolo fa sembra che si percepisca la fine di un’epoca ma si faccia fatica a capire che una porta che si chiude ne apre un’altra.
E’ vero: stiamo ripartendo nel momento più difficile. La crisi ha colpito pesantemente, toccando lavoro, prospettive, creando inquietudine e paura del futuro. Ma tutto ciò non ci deve nascondere quanto abbiamo, anche per la prospettiva. Per capirlo mettiamoci per un attimo nei panni di un imprenditore, o di un lavoratore, o di un operatore pubblico di una delle aree del nostro paese colpite dalla pesantissima crisi del nostro sistema produttivo. Cosa vorrebbe avere attorno per poter ripartire?
Un luogo con: una dimensione internazionale e con la possibilità di farne in più campi una funzione strategica; un sistema formativo e di conoscenza di alto profilo, capace di formare risorse umane e di produrre ricerca; e ancora buoni servizi e buona qualità della vita, un welfare insomma all’altezza delle persone; storia e cultura; e magari una risorsa come il mare, che vuol dire portualità, marineria, cantieri, nautica, turismo…
Trieste è tutto ciò.
E da qui riparte se sceglie, però, di volere e di incoraggiare gli investimenti e di dare spazio e opportunità, a talento, creatività e dinamismo.
Non si tratta di contrapporre a idee catastrofiche scenari o visioni edulcorate di ottimismo ad oltranza, si tratta semplicemente di acquisire consapevolezza delle proprie potenzialità, delle opportunità e perciò anche della responsabilità di coglierle o meno: non dipende sempre dagli altri! Non c’è sempre un esterno a cui dare la colpa….
Alcuni segni ci sono? Io direi di sì.
Nel 2014 è maturato l’investimento di 170 milioni di Arvedi: un piano per far crescere l’industria e migliorare l’impatto ambientale, una delle più importanti operazioni industriali di questi anni in Italia.
Sempre sul finire del 2014 è ripartita l’operazione che interessa il Silos: 120 milioni di investimento per dare a una contenitore di grande valore oggi abbandonato nuove funzioni, tra cui quel Centro Congressi determinante per rafforzare con la meeting industry il nostro potenziale turistico. Abbiamo, infine, sentito nel video le ragioni dell’investimento di Eataly.
Silos, Magazzino Vini, Ospedale Militare, poi arriverà Porto Vecchio: che siano i vecchi contenitori che escono dal degrado cui erano condannati dopo l’esaurirsi della loro vecchia funzione e trovano una nuova vocazione il segno della ripartenza?
Potrei continuare: nuove iniziative e i nuovi investimenti che si profilano per commercio e turismo in questo 2015. I dati di crescita del turismo, che vogliamo migliorino ancora. Per questo è nato Discover Trieste, la piattaforma web per penetrare nel mercato turistico delle città che per l’85% sta nella rete.
La presenza attiva e i successi della scienza.
E ancora, quello che stanno facendo, e vogliono fare, i nostri operatori portuali capaci di crescita di traffici e pronti a nuovi impegnativi investimenti…
Oggi poi c’è una nuova guida al porto, chiamata a tradurre in realtà di sviluppo una potenzialità invidiabile, quella che ci deriva dall’essere snodo fra far East e mediterraneo orientale e un pezzo d’Europa, di esserlo a partire da una buona situazione ferroviaria e quindi di una vocazione a intermodalità. Questo è un porto internazionale nel senso più vero del termine e fa bene Debora Serracchiani a considerarlo strategico nella prospettiva della riforma.
E c’è l’opportunità di Porto Vecchio.
Io credo che a questo mettersi in movimento abbiamo dato e diamo un contributo come governo della città. Sono anni difficili, segnati dal peso della crisi, calo di risorse, patto di stabilità
MA:
– abbiamo lavorato per gli investimenti (Arvedi, Silos) e per lo sblocco di porto e Porto Vecchio. Ricordo che fra gli impegni di questa Amministrazione c’erano svolta per il porto, Porto Vecchio, Ferriera…..difficile negare che c’è stata.
– abbiamo dato alla città strumenti di modernizzazione (Piano Regolatore e Piano del Traffico, Piano dell’ambiente e dell’energia sostenibile, piano del commercio)
– abbiamo cominciato a rendere questa città più smart, grazie alle tecnologie… Cominciando così ad affrontare un altro paradosso: quello di una città ricca di competenza tecnologica, ma con un sistema di servizi pubblici che per certi versi era ancora da penna e calamaio!
– abbiamo varato un piano di opere pubbliche di 50 milioni nonostante il patto di stabilità per spazi pubblici, scuole, vie, piazze, la galleria di Piazza Foraggi, gli impianti sportivi.
– abbiamo lavorato per ritessere relazioni che ci riconnettessero con quella parte d’Europa per cui Trieste può svolgere un ruolo: Vienna, Graz, Lubiana, Zagabria, Sarajevo….
– abbiamo lavorato per rispondere alle esigenze dei cittadini, che non sono altro dal rilancio della città; le persone sono il fulcro del rilancio, ne sono i protagonisti e l’obiettivo finale.
C’è un’idea di fondo, che motiva gli investimenti e le scelte di Trieste, e che ha ispirato anche il nostro lavoro, indicando la direzione di marcia….. Talora abbiamo avuto la sensazione che in una situazione di pessimismo e di rassegnazione non si vedesse il filo che legava le tante azioni e le scelte.
Ed è che questa è una Città Europea, è una città di relazioni e di scambi, è uno snodo.
Anzi è la più europea delle città italiane.
Certo, manca ancora qualche treno o qualche aereo ma non siamo più
un’isola, chiusa in una dimensione puramente locale.
Per questo “la via per crescere” di “Trieste Città Europea” ha una
doppia lettura:
– Trieste cresce stando in Europa
– Trieste è una porta d’Europa e quindi può offrire valore a chi qui viene perché vuole crescere.
Il nostro è un porto da estero per estero, un vero porto d’Europa, come tale
fondamentale per l’Italia e insostituibile in questa sua capacità di intercettare la direttrice sud/nord: nessun altro porto ha queste caratteristiche; e le potenzia con investimenti fattibili, pubblico/privati, ottenendo risultati di capacità certi laddove, da altre parti, si vorrebbe spendere più di un miliardo e mezzo per risultati tutti da vedere !
Vengo a Porto Vecchio…..storicamente il Porto di una parte dell’Europa. Oggi
dobbiamo vederlo e progettarlo come la Porta sul Mare di quella stessa Europa
È una scommessa sull’attrattività di questa città e sulla sua capacità
di crescere
Sembrava impossibile e invece….Pensate al confronto paradossale far decenni di blocco e le due ore scarse per trovare l’accordo sugli spazi da sdemanializzare! È un segno di fiducia per la città, che può crederci. Ed è anche un riconoscimento per chi, da Pacorini con Trieste Futura all’impegno di Antonione, Menia e Rosato fino a Russo, ha lavorato per questo.
Dopo l’intesa sulla sdemanializzazione, ormai definita, a breve ci sarà quella sullo spostamento del punto franco, che andrà dove può essere utile a creare valore, e poi la road map delle fasi successive, di progettazione strategica e di promozione.
Operazione complessa ma straordinaria per il futuro di Trieste.
Perciò ha senso in tre dimensioni:
– c’ è la Città Europea, capace di trasformare quel luogo nella porta sul mare di una parte di Europa
– c’è la Città Metropolitana, ovvero l’integrazione di un ‘area di interessi, servizi, infrastrutture, e quindi il ritrovare una relazione della città con i territori..per uno scambio di valore…..bene sarebbe e bene sarà prenderne atto e darci questa opportunità anche sul piano istituzionale, finora è stata negata. Ma metropolitana quest’area, in ogni caso, lo sarà nei fatti, e magari andrà da Ronchi fino all’Istria slovena e croata.
– e poi c’è la Città Capitale di Regione: demenziale vederla come un rimorchio o come un peso, è e può essere di più una motrice: capace di dare nuovamente quei servizi strategici e di innovazione che ti rendono indispensabile a un territorio di cui vuoi essere punto di riferimento.
Non basta dirlo: Trieste era Grande perché forniva servizi avanzati e innovazione a una comunità molto più ampia…..non ci sono rendite, non ce le riconosce nessuno. Bisogna farlo e basta. Ne abbiamo la vocazione, l’intelligenza, le competenze, serve una spinta per uscire. Dall’immobilismo delle decisioni siamo usciti, ora dobbiamo uscire da quello come atteggiamento prevalente.
Perché a Trieste si sta ancora bene: qualità della vita, servizi, welfare, ma è il momento di pensare al bene futuro altrimenti il serbatoio della benzina rimane vuoto.
Attrarre e favorire la ripartenza degli investimenti, e sentiremo tra qualche minuto come la vedono alcune grandi imprese, come la vede Generali, con il progetto di Academy; Hera, partner per la crescita di Acegas e un grande operatore dei traffici marittimi: ci diranno se questi segnali possono consolidarsi
E creare opportunità , premiando talento e dinamismo.
Nessuno, tanto meno il Sindaco, che ne ha quotidiana testimonianza nello stare fra la gente, intende negare le difficoltà e i problemi.
Ma ci sono a Trieste tante storie, nell’impresa, nei servizi, nel welfare che creano valore e che sono tanti motori per costruire una storia di comunità. C’è tanto talento e ci sono capacità e oggi ne abbiamo alcune testimonianze e sono nate e vogliono rimanere a Trieste e noi dobbiamo volere che rimangano e che crescano… E qui il riferimento a ITS, ovvero a un progetto che starebbe più comodo in tanti altri luoghi e invece si ostina a voler essere, nella sua dimensione globale, a tutti i costi triestino. Sono realtà che possono generare tanto spazio per giovani, nel digitale, nel turismo, nelle ricadute della conoscenza.
Qui si vive ancora bene – e guardate lo dicono tutti quelli che vengono a Trieste – ma questo patrimonio dura se si attrezza la città a svolgere un ruolo importante per avere uno sviluppo contrassegnato:
– dalla qualità della vita
– dalla sostenibilità
– dalla partecipazione dei cittadini
– dal merito
– dalla vivacità e dalla apertura di una città che recupera questi valori
– dalla sua antica storia che ispira un grande futuro
Per riuscirci:
DOBBIAMO SMETTERE DI SENTIRCI SPECIALI E RICOMINCIARE NUOVAMENTE A ESSERLO!
Grazie per l’attenzione