25 APRILE 2015

Il 25 aprile 1945, il Comitato di Liberazione Nazionale emanava l’ordine di insurrezione generale, facendo raggiungere alla Resistenza italiana il punto massimo della sua forza e della sua espansione.

Si poneva così fine, simbolicamente, a una delle stagioni più buie della storia moderna: un triste ventennio durante il quale, nell’Europa progressivamente inghiottita dal nazifascismo, i valori che avevano retto le società moderne – la libertà, la dignità, l’uguaglianza – erano stati quasi del tutto oscurati. Un’anti-civiltà in cui a dominare era di nuovo la pura legge del più forte, una malintesa e falsa gerarchia tra popoli e razze in cui a fare da arbitro restava soltanto la violenza più cieca e brutale. Chiunque fosse ritenuto diverso, per etnia, per credo religioso, per orientamento sessuale, per disabilità fisica o psichica, andava emarginato, andava perseguitato, andava annientato.

Un tale orrore è testimoniato – e lo sarà per sempre! – proprio dal luogo in cui ora ci troviamo. Qui furono imprigionati, torturati, assassinati, centinaia di partigiani italiani, sloveni, croati e di altre nazionalità; qui furono uccisi o vissero i loro ultimi disperati giorni gli ebrei diretti verso i campi nazisti dell’Europa centrorientale.

Occupata e di fatto annessa al Reich hitleriano dopo l’8 settembre, fatta oggetto di un’aspra contesa internazionale al termine del conflitto, come sappiamo la nostra città ha dovuto attendere ancora a lungo per uscire definitivamente dall’instabilità politica, sociale e istituzionale ereditata dalla guerra. Ma anche qui, come nel resto del Paese, la resa delle forze dell’Asse tra l’aprile e il maggio del 1945 ha segnato la fine di un incubo e l’avvio di un percorso, ostico ma irreversibile, verso il recupero della libertà e della democrazia.

Quella della Resistenza è stata una vittoria ottenuta, certamente, grazie al contributo decisivo degli eserciti alleati, che hanno percorso da sud a nord l’Italia in una risalita sanguinosa, nella quale hanno avuto parte determinante il Corpo italiano di Liberazione e le formazioni partigiane attive dall’autunno del 43’ sulle montagne, nelle campagne e nei centri urbani dell’Italia centrale e settentrionale. Brigate composte da giovani che hanno avuto il coraggio di rifiutare la chiamata della Repubblica sociale italiana, da ribelli che nella lotta contro il nazifascismo hanno maturato una coscienza politica e civile, trasformandosi in partigiani: cioè combattenti per la libertà ispirati dalla cultura politica e dal magistero morale dell’antifascismo, che nella clandestinità, nell’esilio o al confino, aveva ingaggiato da più di vent’anni una lotta senza quartiere contro il regime di Mussolini.

Ragazzi e ragazze, uomini e donne sono confluiti così nelle brigate partigiane comuniste e socialiste, liberali e cattoliche, azioniste, anarchiche e autonome. Ma al di là e al di sopra dell’ideologia e degli obiettivi politici anche molto diversi tra loro, al di là e al di sopra della natura e delle forme della ribellione – sia stata civile e senz’armi, oppure sia stata militare, come a Cefalonia, o come quella dei seicentomila soldati che dissero no all’arruolamento in Germania – ciò che ha accomunato le diverse esperienze della Resistenza è stato uno smisurato amore per la libertà e per la pace, combinato alla volontà di restituire all’Italia la sua unità e la sua dignità di Paese indipendente.

(Sono loro, sono quei partigiani e quei patrioti, sono quei soldati e quei renitenti, i padri e le madri della nostra democrazia e della nostra Costituzione repubblicana. )
Per questo va a loro la nostra più profonda riconoscenza.

Sono passati settant’anni, ma non ha importanza. Perché la Resistenza è e sarà eternamente attuale! Perché la Resistenza si è basata sugli stessi principi che ci aiutano anche oggi ad allontanare i nuovi fantasmi della discriminazione e dell’odio! Perché la Resistenza era infusa dello stesso sentimento di pietà e di solidarietà, della stessa cognizione dell’uguaglianza degli esseri umani, che anche oggi ci obbligano a non voltare la schiena davanti alle masse di diseredati che quotidianamente invocano il nostro aiuto!

Ricordiamolo:

– perché non iniziò con le persecuzioni, quelle arrivarono dopo, iniziò con l’intolleranza invece che la solidarietà verso chi soffriva
– perché non iniziò con l’eliminazione fisica dei nemici, questa arrivò dopo, ma iniziò additando come nemico chi fino a ieri era il vicino di casa.
– perché non iniziò con il genocidio, questo arrivò dopo, ma con lo scherno e il disprezzo verso chi era diverso per religione, colore della pelle o per orientamento sessuale

E quando iniziò l’indifferenza di tanti – di troppi – consentì che degenerasse. Poi sono stati i giovani che spazzarono l’indifferenza ed arrivò il 25 aprile.

“Stamattina mi sono alzato
e ho trovato l’invasor….

– la conoscete tutti-

….le genti che passeranno
diranno che bel fior,
questo è il fiore del partigiano
morto per la libertà!”

Care concittadine e cari concittadini
questa canzone correva sulle labbra di milioni di italiani settant’anni fa esatti. E’ una canzone che è diventata simbolo della libertà in tutto il mondo per centinaia di milioni di persone.
Continuiamo a cantarla ancora più forte di ieri!

VIVA LA LIBERTA’!

VIVA IL ‪#‎25APRILE‬!

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