TAMBURI DI PACE: UN MESSAGGIO DI PACE IN PAROLE E IN MUSICA SUI PERCORSI DELLA GRANDE GUERRA

Nel dare inizio a questa serata di musica, amicizia e interculturalità vi invito a unirci, tutti assieme, in un affettuoso augurio di buon compleanno per i 102 anni di Borsi Pahor.

In secondo luogo voglio ringraziare tutti i partner e gli sponsor, sono veramente tanti e perciò vi rimando all’elenco integralmente trascritto sul programma, citando per tutti la Medaglia D’Oro del Presidente della Repubblica che corona al meglio la corale adesione istituzionale a questa serata.
Ringrazio, inoltre, Igor Coretti Kuret e Paolo Rumiz. Abbiamo condiviso l’idea di questa serata, l’abbiamo voluta con determinazione e voi che avete riempito questo teatro fino all’ultimo posto ci state dando ragione.

Tamburi di Pace è una serata di musica e di narrazione che parte dal ricordo di una guerra tremenda e lacerante per queste terre e per queste comunità, che ha dissolto quella che era Europa prima che diventasse l’Europa moderna, quella che conosciamo oggi; un serata che vuole trasmettere un messaggio di pace, così importante e attuale, proprio quando i segni di una nuova guerra tremenda ci toccano e ci chiedono di affrontare una gigantesca e tragica migrazione da luoghi di terrore alla ricerca di luoghi di pace e
di tolleranza.

Ma c’è qualcosa di più questa sera su questo palco con lo European Spirit
of Youth Orchestra.

Prendiamolo come simbolo positivo per ispirare la nostra città a ritrovare quel “European Spirit”, pilastro ineludibile della sua grandezza storica ma soprattutto del suo futuro, sia di commerci e di traffici, sia di circolazione di idee e di persone, di giovani e di culture. Perché questa città è una porta ed è un luogo di scambio e di incontro: lo è stata, ha dovuto rinunciare ad esserlo e oggi deve ritornare a ricoprire quel ruolo!

Questi giovani musicisti parlano molte lingue. Noi dobbiamo scegliere se vogliamo la Trieste che si riempia di giovani che parlano tante lingue, oppure che prevalga, nuovamente, il provincialismo cui l’hanno condannata muri e confini. Dobbiamo scegliere se vogliamo la Trieste dove tante famiglie italiane desiderano iscrivere i loro figli alle scuole slovene per dare loro un valore e un’opportunità in più o, invece, se subiremo ancora il riproporsi di un’intolleranza, di un ostracismo verso una lingua che da tanto tempo decine di migliaia di persone parlano su queste terre.
Vogliamo la Trieste capace, che ha saputo organizzarsi al meglio – come
nessuno in Italia – per gestire con civiltà e ordine un flusso verso cui
muri e reticolati nulla possono e nulla potranno se non perpetuare
drammi, perché nulla può fermare chi cerca per sé e per i propri figli
riparo da luoghi di morte e terrore indicibile e cerca solidarietà, oppure
vogliamo cadere nella deriva di una demagogia che cerca di costruire una
rendita di consenso drammatizzando episodi e soprattutto imponendo l’equazione immigrato=insicurezza al punto da scatenarsi se un episodio ha uno straniero per protagonista tacendo, magari imbarazzati, se gli autori sono di casa nostra?
Si parla di ordine ma c’è l’ordine che nasce da coesione, rispetto, regole e solidarietà e c’è l’ordine dell’intolleranza e dei muscoli, che ha sempre generato disordine. Dobbiamo decidere se crediamo che questa città, che certo non può isolarsi sotto una campana di vetro da una crisi difficile e da tante complessità e contraddizioni dell’epoca in cui viviamo, sia oggi una Beirut o la Los Angeles di Blade Runner, come viene dipinta da qualche recente affresco che più che tra i commenti politici, a mio avviso, starebbe bene in una galleria del surrealismo dove però troverebbe ben altre vette di espressione, o se invece crediamo in una città che sta cercando in tante sue componenti di rianimarsi proprio grazie al suo innato spirito europeo aprendo il Porto a quella crescita che decenni di rendite e di compromessi hanno bloccato, facendo del Porto Vecchio la Porta sul mare proprio di quell’Europa il cui funerale arrivava qui il 2 luglio del 1914, ritessendo rapporti con Vienna e Lubiana, ma anche con l’Istria e il Carso e riempiendosi di turisti che si mescolano con noi in un’estate viva (come non si vedeva da tanto tempo) e lavorando affinché i giovani, magari di tante lingue diverse, trovino qui il luogo dove realizzare i propri progetti di vita.

Alla fine, anche questa serata ci aiuta a riflettere e a decidere se la Trieste che vogliamo è quella di questi giovani e soprattutto se è per questi giovani.

One thought on “TAMBURI DI PACE: UN MESSAGGIO DI PACE IN PAROLE E IN MUSICA SUI PERCORSI DELLA GRANDE GUERRA

  1. Gran bel discorso, Sindaco. Hai toccato benissimo tutti i punti necessari per una convivenza sempre migliore.
    Mio figlio, che quest’anno ha fatto parte di questo stupendo progetto, è ritornato a casa con un’esperienza di cosa vuol dire Europa. Solo una cosa lo ha colpito in senso negativo : il razzismo di alcuni ragazzi italiani verso i rumeni, considerati zingari e ladri. Ma questo è quello che alcuni genitori insegnano ai loro figli. Spero che, invece, i ragazzi abbiano potuto capire che siamo tutti uguali, tutti il popolo dell nuova Europa.
    Una chiosa finale : mio figlio va alle scuole slovene fin dall’asilo ed ora sta frequentando il liceo classico al Preseren, uno dei pochissimi italiani in provincia a frequentare le scuole slovene. Inoltre, studia musica alla Glasbena Matica.

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