L’industria triestina vede situazioni di crisi, come Sertubi, Dukcevich, Burgo e altre che minacciano di tradursi in un grosso problema occupazionale.
Inoltre, dallo scambio di lettere tra l’Assessore Scoccimarro e il gruppo Arvedi, risulta in avvio il percorso che dovrebbe portare alla chiusura dell’area a caldo della ferriera. Questo significa che, tra l’immediato e il breve periodo, saranno a rischio altre centinaia di posti di lavoro.
In passato, lo sapete, mi sono impegnato per la la continuazione dell’attività dello stabilimento e per il miglioramento del suo impatto. Come certificano anche queste famose lettere i miglioramenti ci sono stati, ma ad Arvedi è stata indicata come preferibile la strada della chiusura, ed Arvedi a quanto pare la accetta.
A questo punto mi auguro che sia finita una volta per tutte l’epoca delle demagogie e degli slogan legati alla ferriera e che l’argomento sia affrontato seriamente, nel rispetto di cittadini e lavoratori.
I siderurgici non faranno i commessi da obi né i receptionist negli hotel, per non parlare della cazzata sentita qualche tempo fa circa il possibile loro impiego nei servizi esternalizzati del comune. Anche se fosse possibile, vorrebbe dire mandare a casa chi ci lavora adesso! Aggiungo anche che continuare ad utilizzare il porto come parafulmine per tutti i prossimi disoccupati non è saggio, potrà fare una parte limitata vista l’automazione crescente delle operazioni portuali e logistiche. È impossibile che possa riassorbirli tutti, quindi non strumentalizziamolo.
La riconversione dell’area della ferriera va allora trasformata in un’opportunità per l’industria perché solo insediamenti produttivi, ovviamente compatibili con l’ambiente, potranno offrire una quantità di posti di lavoro necessaria a dare una risposta concreta a chi oggi lo perde o lo vede a rischio.
Le istituzioni, Regione e Comune in primis, devono evitare perciò superficialità e banalizzazioni a cui ci hanno abituato e devono impegnarsi per una politica industriale vera che porti a nuovi insediamenti produttivi, valorizzando la prossimità con il porto e la piattaforma logistica e coinvolgendo il governo nazionale.
Se si crea una prospettiva, allora gli ammortizzatori sociali e gli incentivi di politica del lavoro possono accompagnare da un’occupazione a un’altra. Evitiamo che siano l’anticamera della disoccupazione.