25 APRILE 2015

Il 25 aprile 1945, il Comitato di Liberazione Nazionale emanava l’ordine di insurrezione generale, facendo raggiungere alla Resistenza italiana il punto massimo della sua forza e della sua espansione.

Si poneva così fine, simbolicamente, a una delle stagioni più buie della storia moderna: un triste ventennio durante il quale, nell’Europa progressivamente inghiottita dal nazifascismo, i valori che avevano retto le società moderne – la libertà, la dignità, l’uguaglianza – erano stati quasi del tutto oscurati. Un’anti-civiltà in cui a dominare era di nuovo la pura legge del più forte, una malintesa e falsa gerarchia tra popoli e razze in cui a fare da arbitro restava soltanto la violenza più cieca e brutale. Chiunque fosse ritenuto diverso, per etnia, per credo religioso, per orientamento sessuale, per disabilità fisica o psichica, andava emarginato, andava perseguitato, andava annientato.

Un tale orrore è testimoniato – e lo sarà per sempre! – proprio dal luogo in cui ora ci troviamo. Qui furono imprigionati, torturati, assassinati, centinaia di partigiani italiani, sloveni, croati e di altre nazionalità; qui furono uccisi o vissero i loro ultimi disperati giorni gli ebrei diretti verso i campi nazisti dell’Europa centrorientale.

Occupata e di fatto annessa al Reich hitleriano dopo l’8 settembre, fatta oggetto di un’aspra contesa internazionale al termine del conflitto, come sappiamo la nostra città ha dovuto attendere ancora a lungo per uscire definitivamente dall’instabilità politica, sociale e istituzionale ereditata dalla guerra. Ma anche qui, come nel resto del Paese, la resa delle forze dell’Asse tra l’aprile e il maggio del 1945 ha segnato la fine di un incubo e l’avvio di un percorso, ostico ma irreversibile, verso il recupero della libertà e della democrazia.

Quella della Resistenza è stata una vittoria ottenuta, certamente, grazie al contributo decisivo degli eserciti alleati, che hanno percorso da sud a nord l’Italia in una risalita sanguinosa, nella quale hanno avuto parte determinante il Corpo italiano di Liberazione e le formazioni partigiane attive dall’autunno del 43’ sulle montagne, nelle campagne e nei centri urbani dell’Italia centrale e settentrionale. Brigate composte da giovani che hanno avuto il coraggio di rifiutare la chiamata della Repubblica sociale italiana, da ribelli che nella lotta contro il nazifascismo hanno maturato una coscienza politica e civile, trasformandosi in partigiani: cioè combattenti per la libertà ispirati dalla cultura politica e dal magistero morale dell’antifascismo, che nella clandestinità, nell’esilio o al confino, aveva ingaggiato da più di vent’anni una lotta senza quartiere contro il regime di Mussolini.

Ragazzi e ragazze, uomini e donne sono confluiti così nelle brigate partigiane comuniste e socialiste, liberali e cattoliche, azioniste, anarchiche e autonome. Ma al di là e al di sopra dell’ideologia e degli obiettivi politici anche molto diversi tra loro, al di là e al di sopra della natura e delle forme della ribellione – sia stata civile e senz’armi, oppure sia stata militare, come a Cefalonia, o come quella dei seicentomila soldati che dissero no all’arruolamento in Germania – ciò che ha accomunato le diverse esperienze della Resistenza è stato uno smisurato amore per la libertà e per la pace, combinato alla volontà di restituire all’Italia la sua unità e la sua dignità di Paese indipendente.

(Sono loro, sono quei partigiani e quei patrioti, sono quei soldati e quei renitenti, i padri e le madri della nostra democrazia e della nostra Costituzione repubblicana. )
Per questo va a loro la nostra più profonda riconoscenza.

Sono passati settant’anni, ma non ha importanza. Perché la Resistenza è e sarà eternamente attuale! Perché la Resistenza si è basata sugli stessi principi che ci aiutano anche oggi ad allontanare i nuovi fantasmi della discriminazione e dell’odio! Perché la Resistenza era infusa dello stesso sentimento di pietà e di solidarietà, della stessa cognizione dell’uguaglianza degli esseri umani, che anche oggi ci obbligano a non voltare la schiena davanti alle masse di diseredati che quotidianamente invocano il nostro aiuto!

Ricordiamolo:

– perché non iniziò con le persecuzioni, quelle arrivarono dopo, iniziò con l’intolleranza invece che la solidarietà verso chi soffriva
– perché non iniziò con l’eliminazione fisica dei nemici, questa arrivò dopo, ma iniziò additando come nemico chi fino a ieri era il vicino di casa.
– perché non iniziò con il genocidio, questo arrivò dopo, ma con lo scherno e il disprezzo verso chi era diverso per religione, colore della pelle o per orientamento sessuale

E quando iniziò l’indifferenza di tanti – di troppi – consentì che degenerasse. Poi sono stati i giovani che spazzarono l’indifferenza ed arrivò il 25 aprile.

“Stamattina mi sono alzato
e ho trovato l’invasor….

– la conoscete tutti-

….le genti che passeranno
diranno che bel fior,
questo è il fiore del partigiano
morto per la libertà!”

Care concittadine e cari concittadini
questa canzone correva sulle labbra di milioni di italiani settant’anni fa esatti. E’ una canzone che è diventata simbolo della libertà in tutto il mondo per centinaia di milioni di persone.
Continuiamo a cantarla ancora più forte di ieri!

VIVA LA LIBERTA’!

VIVA IL ‪#‎25APRILE‬!

PATTO DI SINDACATO E PARTECIPAZIONE IN HERA: E’ BENE FARE CHIAREZZA

Cos’è il Patto di Sindacato?
Il Patto di Sindacato è uno strumento con cui i soci di una società di capitale si impegnano reciprocamente e congiuntamente, per un determinato periodo, a concentrare le azioni necessarie per il controllo di una società in uno strumento unico e comune, detto anche Sindacato di Blocco, che come tale è in grado di esercitare una funzione di indirizzo e di controllo sulle decisioni dell’Assemblea dei soci e perciò, ad esempio, di nominare la maggioranza degli amministratori. È quindi un accordo parasociale attraverso il quale due o più azionisti si impegnano a comportarsi in modo coordinato nella gestione della partecipata, per esempio nell’espressione del voto durante l’assemblea dei soci.

Perché il Patto di Sindacato passa dal 51% al 38,5%? Quali sono le conseguenze?
In premessa va detto che al Patto di Sindacato che conteneva il 50+1 delle azioni di Hera il Comune di Trieste aderiva con 58 milioni di azioni mentre, fino al 31 dicembre 2014, erano libere più dì 13 milioni di azioni (ad oggi ogni azione vale circa 2,25 euro). Nel 2014 il Comune di Trieste non ha venduto nessuna di queste azioni, mentre molti Comuni, fra cui Bologna e Padova, hanno venduto in tutto o in parte le azioni “libere”, per far fronte al bisogno delle entrate in “conto capitale” necessarie per realizzare opere pubbliche. Nella discussone del rinnovo del Patto molti Comuni hanno espresso l’esigenza di poter disporre di più azioni libere da vincolo per le medesime esigenze, mentre qualche altro Comune ha addirittura comunicato la sua uscita dal Patto di Sindacato. Tutto ciò ha reso, di fatto, impossibile il mantenimento nel Sindacato di blocco della maggioranza delle azioni di Hera.
Colgo l’occasione per ricordare che il Comune di Trieste, aveva stabilito che avrebbe confermato 58 milioni di azioni dentro il patto solo se ciò fosse servito a mantenere la maggioranza assoluta in mano pubblica, ma questo ormai non era più possibile.
A questo punto si è optato per proporre un nuovo Patto al 38,5 %, ampiamente in grado di mantenere di per sé il controllo pubblico della società quotata in borsa e perciò con azionariato molto diffuso, introducendo, per di più, la previsione della possibilità del voto maggiorato che consente ai soci storici, quindi ai Comuni, un maggior peso ponderale del voto nelle decisioni strategiche, che di fatto porta ad avere la maggioranza assoluta in Assembla. Tale proposta, appunto, è stata portata al voto di tutti i comuni con apposite delibere.

Qual è stata la posizione del Comune di Trieste?
Abbiamo, quindi, predisposto una delibera per approvare le modifiche statutarie, e per confermare la nostra partecipazione al Patto di Sindacato con il numero di azioni previsto in modo da garantire l’obiettivo che ho illustrato prima.

Alcuni hanno chiesto al Sindaco di Trieste di non far scendere il patto sotto il 51%. E’ possibile?
No. Ciò che è stato richiesto è tecnicamente impossibile nella misura in cui gli altri soci votano per il Patto al 38,5%. Il Comune di Trieste non ha il 51% di tutte le azioni societarie, bensì il 4,8%, anche se lo bloccasse interamente, il Patto scenderebbe comunque sotto il 40%.

Cosa comporta aver approvato la delibera?
Significa che continuiamo a stare nel Patto di Sindacato ed esprimere, in qualità di soci pubblici, la grande maggioranza degli amministratori, oltre a mantenere il controllo delle decisioni fondamentali. A ciò aggiungo che possiamo rinnovare, alla sua scadenza, prevista fra due anni, l’accordo parasociale tra Hera e i Comuni di Trieste, Padova e Udine per la governance di AcegasApsAmga. Un accordo che assicura la sede legale di AcegasApsAmga a Trieste, la presenza dei rappresentanti dei tre soci nel Consiglio di Amministrazione e che, inoltre, assicura la Presidenza della società a un triestino. Se fossimo usciti dal patto con il voto contrario alla delibera, ciò sarebbe stato molto difficile.

Cosa avrebbe significato, invece, bocciarla?
Bocciare la delibera voleva dire rimanere fuori dal Patto di Sindacato, quindi indebolire la governance pubblica di Hera con le prevedibili conseguenze, per le relazioni sopraddette, anche in AcegasApsAmga.

E’ vero che scendendo sotto il 51% si dà il via alla privatizzazione dei servizi pubblici locali?
No. E’ bene chiarire che tutti i servizi pubblici locali, per effetto di leggi europee e norme italiane, sono soggetti a gara alla scadenza di ogni concessione, ciò indipendentemente dalla quota di azionariato posseduta dal pubblico oppure dal privato. Per intenderci, una società posseduta al 90% dal Comune di Trieste va comunque a gara per l’acqua o per il gas e può perdere contro una società, magari francese o tedesca, a capitale interamente privato. L’unica eccezione a questo principio è quella di una così detta municipalizzata, oppure di una società in house, ovvero posseduta al 100% da un Comune e che operi solo per questo. Ma Acegas non si trova in questa situazione da più di 15 anni, oltre a ciò sarebbe tutta da valutare quale sarebbe la convenienza per i cittadini. In ogni caso, per quel che riguarda la possibile re-internalizzazione del servizio idrico intendo produrre e presentare al Consiglio uno studio economico-tecnico approfondito sulla sua fattibilità.

Il Comune di Trieste vuole vendere le azioni? Se sì, quante?
Come si ricorderà, già nel 2014 come Giunta avevamo previsto la possibilità di vendere azioni, non per garantire le coperture, ovvero i soldi che già ci sono, del piano delle opere pubbliche, bensì per garantire gli “spazi finanziari”, cioè la possibilità di pagamento nel rispetto dei limiti del Patto di Stabilità (secondo un meccanismo restrittivo piuttosto complesso da spiegare..). L’Amministrazione aveva previsto tale possibilità ben sapendo, però, che durante l’anno si sarebbero create le condizioni, tramite altri meccanismi (spazi autorizzati da Stato o Regione, altre entrate in conto capitale), che non l’avrebbero portata alla vendita, e in effetti nessuna azione è stata ceduta. Si trattava di 13 milioni di azioni. Inutile che ricordi che chi si opponeva dava per certo che avremmo venduto… Per il 2015 il Comune di Trieste ha previsto un’analoga possibilità per un numero massimo di 8 milioni e mezzo di azioni. L’Amministrazione farà di tutto – io farò di tutto – per venderne un numero molto inferiore e qualora fosse possibile, non vendere alcunché.

Va detto, però, che allo stato attuale questo meccanismo consente ai Rup (responsabili unici dei procedimenti) di proseguire e avviare cantieri avendo la certezza degli spazi finanziari necessari per fare fronte alle scadenze contrattuali di pagamento. Stiamo parlando di opere pubbliche per la sicurezza nelle scuole, per il rifacimento di marciapiedi, per la ripavimentazione delle strade, per la manutenzione delle aree verdi e degli impianti sportivi per l’attività giovanile dunque, cantieri di pubblica utilità e non certo effimere e non necessarie opere.

La fusione è stata conveniente oppure era meglio rimanere in AcegasAps dove avevamo la maggioranza?
Per prima cosa bisogna ricordare che il Comune di Trieste aveva il 50,1% di una holding che controllava il 62% delle azioni di AcegasAps, quindi in realtà deteneva il 31%. Anche in questo caso la maggioranza pubblica si esplicava attraverso un patto parasiociale tra i soci della holding. Se però l’altro socio avesse voluto vendere le sue quote il Comune di Trieste per mantenere la maggioranza assoluta avrebbe dovuto comprarle e non è detto che in quel momento ne avrebbe avuto la disponibilità, altrimenti queste sarebbero finite sul mercato, con la conseguente perdita del controllo. A ciò aggiungiamo il fatto che AcegasAps, nella sua quotazione in borsa, risentiva delle sue limitate dimensioni; inoltre si stavano approssimando diverse scadenze, tra le quali quella della gara per la gestione del gas, dall’esito molto incerto. Infine vi era un importante indebitamento: tutti elementi che indebolivano la società e limitavano la capacità di investimento, creando forti dubbi e preoccupazione tra gli stessi lavoratori.
Qualcuno ricorderà il tentativo, molto discusso, di alienare il ramo gas in una società comune con ItalGas, operazione che sarebbe servita a fare cassa e perciò a ridurre l’indebitamento, ma che di fatto portava fuori da AcgasAps un ramo d’attività importante come il gas e i relativi occupati.

Il 5 giugno del 2012, quindi prima delle anticipazioni e delle voci sulla fusione, la nostra partecipazione in AcegasAps valeva 43 milioni di euro. Oggi per effetto dell’accordo e del concambio le azioni in Hera valgono 163 milioni di euro. Se anche fossimo rimasti in Acegas e questa fosse cresciuta sulla media delle altre multiutility, cosa non scontata per i problemi prima indicati, la partecipazione sarebbe salita al massimo a 75-80 milioni. Ciò significa che il valore detenuto dal Comune di Trieste è cresciuto grazie alla fusione di circa 80 milioni, inoltre a ciò si sommano 4,7 milioni di cash e i maggiori dividenti ottenuti per circa altri 10 milioni che portano, così, il valore totale di questa operazione a oltre 100 milioni di euro a beneficio del nostro Comune. Per quanto riguarda il versante occupazionale, invece, i posti di lavoro non solo non sono diminuiti ma si è registrato anche una leggera crescita. L’operazione, poi, ha portato la sede legale di Hera Trading a Trieste con il beneficio fiscale sul territorio di 40 milioni di euro di Iva; AcegasAps ha mantenuto la sede legale a Trieste e ha pure incorporato la società Amga di Udine.

Cosa sarebbe successo se non fosse partita l’operazione di fusione?
Il Comune di Trieste registrerebbe un valore patrimoniale più basso di 80 milioni di euro, vi sarebbero state delle probabili esternalizzazioni, almeno del ramo gas, con la conseguente riduzione del valore dell’azienda e dei dividendi, oltre al trasferimento in una società esterna, controllata sul piano industriale da ItalGas, degli occupati in quel settore.
I dividendi non sono una mera rendita: sono entrate correnti che servono per erogare servizi alla comunità e quindi averli più alti significa dare più servizi ai cittadini.

TRIESTE CITTÀ EUROPEA

Una rondine non fa primavera, e quindi, nelle belle testimonianze del video abbiamo appena ascoltato ( Stefano Pace, Marina Lusic, Carlo Purassanta, Oscar Farinetti), non c’è la soluzione di tutti i problemi della nostra città.
Ma nelle diverse motivazioni che ci danno del “Perché Trieste” troviamo il filo di moderne ragioni per cui questa città può avere un futuro. Ci parlano di cultura, di ricerca, di tecnologie e innovazione, di talento italiano, di turismo e internazionalità. Anzi tutte e quattro colgono la dimensione internazionale.

Da qui partiamo oggi per vedere: se Trieste si è messa in movimento; se ha carte da giocare; se le nostre scelte di governo di questi anni hanno spinto e spingono in questa direzione, e qual è la direzione

Lo facciamo cercando di rispondere a qualche domanda: la Grande Trieste è solo un ricordo del passato, rappresentato in modo efficace di questi tempi in Pescheria? La passione per la storia, così viva a Trieste al punto che mille persone riempiono questo teatro di domenica mattina per le lezioni di Laterza, è solo esercizio di curiosità e speculazione sul passato, magari da condire con un’abbondante spruzzata di rimpianto e nostalgismo? Oppure dalla storia possiamo trarre, nella profonda diversità delle epoche, dei sistemi, delle conoscenze e delle tecnologie, qualcosa di comune tra ciò che determinò la Grande Trieste e ciò che abbiamo davanti a noi oggi?

Io credo che possiamo, ad esempio, leggere nella gloriosa storia esempi di innovazione, capacità di leggere il futuro e cogliere opportunità. Del glorioso passato dobbiamo soprattutto avere memoria della continua spinta innovativa che ci proiettava nel futuro.

C’è stato un lungo intervallo. Questa città ha sofferto i confini, i muri e la mancanza di un territorio, anzi di territori, con cui relazionarsi.
Ha risentito, poi, anche della convinzione che ci potesse essere benessere
senza sviluppo, senza i costi e i disagi dello sviluppo, al punto da scoprire un’allergia verso lo sviluppo, alle scelte che richiede, ai sacrifici che comporta, ampiamente condivisa e fatta propria dalle classi dirigenti, tale da incamminarsi, così, verso un lungo, lento, dolce declino. Trieste ha sofferto anche di un patto insano tra politica ed economia, insano perché non basato su grandi obiettivi bensì su un forte reciproco condizionamento: molti monopoli, molti privilegi, poco mercato, tanto assistenzialismo.
E sono state questa allergia e questo patto insano a far sì che nella città dove erano nate grandi esperienze e grandi innovazioni si determini il “no se pol”.

Ma Trieste ne sta uscendo. La città ha reagito e negli ultimi tempi hanno preso corpo alcune potenzialità; spesso sono meno “eclatanti ” dell’elenco delle perdite e delle chiusure, inevitabile effetto della crisi ma anche di un cambio d’epoca che modifica profondamente gusti, modi, comportamenti dei consumatori.
Prendiamo un esempio: in tutto il mondo i negozi cambiano perché nulla cambia come il commercio…. a Trieste dove la crisi di un certo commercio è iniziata un quarto di secolo fa sembra che si percepisca la fine di un’epoca ma si faccia fatica a capire che una porta che si chiude ne apre un’altra.

E’ vero: stiamo ripartendo nel momento più difficile. La crisi ha colpito pesantemente, toccando lavoro, prospettive, creando inquietudine e paura del futuro. Ma tutto ciò non ci deve nascondere quanto abbiamo, anche per la prospettiva. Per capirlo mettiamoci per un attimo nei panni di un imprenditore, o di un lavoratore, o di un operatore pubblico di una delle aree del nostro paese colpite dalla pesantissima crisi del nostro sistema produttivo. Cosa vorrebbe avere attorno per poter ripartire?

Un luogo con: una dimensione internazionale e con la possibilità di farne in più campi una funzione strategica; un sistema formativo e di conoscenza di alto profilo, capace di formare risorse umane e di produrre ricerca; e ancora buoni servizi e buona qualità della vita, un welfare insomma all’altezza delle persone; storia e cultura; e magari una risorsa come il mare, che vuol dire portualità, marineria, cantieri, nautica, turismo…

Trieste è tutto ciò.
E da qui riparte se sceglie, però, di volere e di incoraggiare gli investimenti e di dare spazio e opportunità, a talento, creatività e dinamismo.

Non si tratta di contrapporre a idee catastrofiche scenari o visioni edulcorate di ottimismo ad oltranza, si tratta semplicemente di acquisire consapevolezza delle proprie potenzialità, delle opportunità e perciò anche della responsabilità di coglierle o meno: non dipende sempre dagli altri! Non c’è sempre un esterno a cui dare la colpa….

Alcuni segni ci sono? Io direi di sì.
Nel 2014 è maturato l’investimento di 170 milioni di Arvedi: un piano per far crescere l’industria e migliorare l’impatto ambientale, una delle più importanti operazioni industriali di questi anni in Italia.
Sempre sul finire del 2014 è ripartita l’operazione che interessa il Silos: 120 milioni di investimento per dare a una contenitore di grande valore oggi abbandonato nuove funzioni, tra cui quel Centro Congressi determinante per rafforzare con la meeting industry il nostro potenziale turistico. Abbiamo, infine, sentito nel video le ragioni dell’investimento di Eataly.

Silos, Magazzino Vini, Ospedale Militare, poi arriverà Porto Vecchio: che siano i vecchi contenitori che escono dal degrado cui erano condannati dopo l’esaurirsi della loro vecchia funzione e trovano una nuova vocazione il segno della ripartenza?

Potrei continuare: nuove iniziative e i nuovi investimenti che si profilano per commercio e turismo in questo 2015. I dati di crescita del turismo, che vogliamo migliorino ancora. Per questo è nato Discover Trieste, la piattaforma web per penetrare nel mercato turistico delle città che per l’85% sta nella rete.

La presenza attiva e i successi della scienza.

E ancora, quello che stanno facendo, e vogliono fare, i nostri operatori portuali capaci di crescita di traffici e pronti a nuovi impegnativi investimenti…
Oggi poi c’è una nuova guida al porto, chiamata a tradurre in realtà di sviluppo una potenzialità invidiabile, quella che ci deriva dall’essere snodo fra far East e mediterraneo orientale e un pezzo d’Europa, di esserlo a partire da una buona situazione ferroviaria e quindi di una vocazione a intermodalità. Questo è un porto internazionale nel senso più vero del termine e fa bene Debora Serracchiani a considerarlo strategico nella prospettiva della riforma.

E c’è l’opportunità di Porto Vecchio.

Io credo che a questo mettersi in movimento abbiamo dato e diamo un contributo come governo della città. Sono anni difficili, segnati dal peso della crisi, calo di risorse, patto di stabilità

MA:
– abbiamo lavorato per gli investimenti (Arvedi, Silos) e per lo sblocco di porto e Porto Vecchio. Ricordo che fra gli impegni di questa Amministrazione c’erano svolta per il porto, Porto Vecchio, Ferriera…..difficile negare che c’è stata.
– abbiamo dato alla città strumenti di modernizzazione (Piano Regolatore e Piano del Traffico, Piano dell’ambiente e dell’energia sostenibile, piano del commercio)
– abbiamo cominciato a rendere questa città più smart, grazie alle tecnologie… Cominciando così ad affrontare un altro paradosso: quello di una città ricca di competenza tecnologica, ma con un sistema di servizi pubblici che per certi versi era ancora da penna e calamaio!
– abbiamo varato un piano di opere pubbliche di 50 milioni nonostante il patto di stabilità per spazi pubblici, scuole, vie, piazze, la galleria di Piazza Foraggi, gli impianti sportivi.
– abbiamo lavorato per ritessere relazioni che ci riconnettessero con quella parte d’Europa per cui Trieste può svolgere un ruolo: Vienna, Graz, Lubiana, Zagabria, Sarajevo….
– abbiamo lavorato per rispondere alle esigenze dei cittadini, che non sono altro dal rilancio della città; le persone sono il fulcro del rilancio, ne sono i protagonisti e l’obiettivo finale.

C’è un’idea di fondo, che motiva gli investimenti e le scelte di Trieste, e che ha ispirato anche il nostro lavoro, indicando la direzione di marcia….. Talora abbiamo avuto la sensazione che in una situazione di pessimismo e di rassegnazione non si vedesse il filo che legava le tante azioni e le scelte.

Ed è che questa è una Città Europea, è una città di relazioni e di scambi, è uno snodo.

Anzi è la più europea delle città italiane.
Certo, manca ancora qualche treno o qualche aereo ma non siamo più
un’isola, chiusa in una dimensione puramente locale.

Per questo “la via per crescere” di “Trieste Città Europea” ha una
doppia lettura:
Trieste cresce stando in Europa
Trieste è una porta d’Europa e quindi può offrire valore a chi qui viene perché vuole crescere.

Il nostro è un porto da estero per estero, un vero porto d’Europa, come tale
fondamentale per l’Italia e insostituibile in questa sua capacità di intercettare la direttrice sud/nord: nessun altro porto ha queste caratteristiche; e le potenzia con investimenti fattibili, pubblico/privati, ottenendo risultati di capacità certi laddove, da altre parti, si vorrebbe spendere più di un miliardo e mezzo per risultati tutti da vedere !

Vengo a Porto Vecchio…..storicamente il Porto di una parte dell’Europa. Oggi
dobbiamo vederlo e progettarlo come la Porta sul Mare di quella stessa Europa
È una scommessa sull’attrattività di questa città e sulla sua capacità
di crescere

Sembrava impossibile e invece….Pensate al confronto paradossale far decenni di blocco e le due ore scarse per trovare l’accordo sugli spazi da sdemanializzare! È un segno di fiducia per la città, che può crederci. Ed è anche un riconoscimento per chi, da Pacorini con Trieste Futura all’impegno di Antonione, Menia e Rosato fino a Russo, ha lavorato per questo.

Dopo l’intesa sulla sdemanializzazione, ormai definita, a breve ci sarà quella sullo spostamento del punto franco, che andrà dove può essere utile a creare valore, e poi la road map delle fasi successive, di progettazione strategica e di promozione.

Operazione complessa ma straordinaria per il futuro di Trieste.
Perciò ha senso in tre dimensioni:
– c’ è la Città Europea, capace di trasformare quel luogo nella porta sul mare di una parte di Europa
– c’è la Città Metropolitana, ovvero l’integrazione di un ‘area di interessi, servizi, infrastrutture, e quindi il ritrovare una relazione della città con i territori..per uno scambio di valore…..bene sarebbe e bene sarà prenderne atto e darci questa opportunità anche sul piano istituzionale, finora è stata negata. Ma metropolitana quest’area, in ogni caso, lo sarà nei fatti, e magari andrà da Ronchi fino all’Istria slovena e croata.
– e poi c’è la Città Capitale di Regione: demenziale vederla come un rimorchio o come un peso, è e può essere di più una motrice: capace di dare nuovamente quei servizi strategici e di innovazione che ti rendono indispensabile a un territorio di cui vuoi essere punto di riferimento.

Non basta dirlo: Trieste era Grande perché forniva servizi avanzati e innovazione a una comunità molto più ampia…..non ci sono rendite, non ce le riconosce nessuno. Bisogna farlo e basta.  Ne abbiamo la vocazione, l’intelligenza, le competenze, serve una spinta per uscire. Dall’immobilismo delle decisioni siamo usciti, ora dobbiamo uscire da quello come atteggiamento prevalente.

Perché a Trieste si sta ancora bene: qualità della vita, servizi, welfare, ma è il momento di pensare al bene futuro altrimenti il serbatoio della benzina rimane vuoto.

Attrarre e favorire la ripartenza degli investimenti, e sentiremo tra qualche minuto come la vedono alcune grandi imprese, come la vede Generali, con il progetto di Academy; Hera, partner per la crescita di Acegas e un grande operatore dei traffici marittimi: ci diranno se questi segnali possono consolidarsi

E creare opportunità , premiando talento e dinamismo.

Nessuno, tanto meno il Sindaco, che ne ha quotidiana testimonianza nello stare fra la gente, intende negare le difficoltà e i problemi.

Ma ci sono a Trieste tante storie, nell’impresa, nei servizi, nel welfare che creano valore e che sono tanti motori per costruire una storia di comunità. C’è tanto talento e ci sono capacità e oggi ne abbiamo alcune testimonianze e sono nate e vogliono rimanere a Trieste e noi dobbiamo volere che rimangano e che crescano… E qui il riferimento a ITS, ovvero a un progetto che starebbe più comodo in tanti altri luoghi e invece si ostina a voler essere, nella sua dimensione globale, a tutti i costi triestino. Sono realtà che possono generare tanto spazio per giovani, nel digitale, nel turismo, nelle ricadute della conoscenza.

Qui si vive ancora bene – e guardate lo dicono tutti quelli che vengono a Trieste – ma questo patrimonio dura se si attrezza la città a svolgere un ruolo importante per avere uno sviluppo contrassegnato:
–  dalla qualità della vita
–  dalla sostenibilità
–  dalla partecipazione dei cittadini
–  dal merito
–  dalla vivacità e dalla apertura di una città che recupera questi valori
–  dalla sua antica storia che ispira un grande futuro

Per riuscirci:

DOBBIAMO SMETTERE DI SENTIRCI SPECIALI E RICOMINCIARE NUOVAMENTE A ESSERLO!

Grazie per l’attenzione

ACCOLTO IN MUNICPIO IL GIOVANE SENEGALESE, STUDENTE DELL’ICTP, OGGETTO DI UN EPISODIO DI RAZZISMO SU UN AUTOBUS

Il Sindaco di Trieste Roberto Cosolini ha incontrato in Municipio lo studente senegalese Moussa Ndour che era stato oggetto nei giorni scorsi di un episodio di razzismo su un autobus cittadino da parte di un passeggero.

Il giovane, che è studente di matematica al Centro di Fisica Teorica di Miramare, era affiancato dai professori Stefano Luzzatto e Sandro Scandolo dello stesso ICTP e dalla signora Susanna Zecchin, l’insegnante che al momento dell’episodio ha immediatamente preso le difese di Moussa, invitando perentoriamente l’autore della squallida aggressione verbale a smetterla; peraltro subito sostenuta dal concorde appoggio degli altri passeggeri e dello stesso autista della Trieste Trasporti che ha fermato il bus, invitando l’inopportuno a scendere senz’altro dal mezzo. “Tutto ciò – ha affermato il Sindaco Cosolini accogliendo gli ospiti – sta ampiamente a dimostrare come fortunatamente permanga e si rafforzi il tradizionale spirito civile di una Trieste che, per effetto della lunga esperienza multietnica e pluriculturale che è stata alla base della sua grandezza, anche oggi, nonostante molti cambiamenti e trasformazioni, conferma il suo profondo “dna” di città aperta, inclusiva, che rifiuta l’esclusione del diverso e la volgarità del razzismo.”

“E un isolato episodio di stupida intolleranza – ha proseguito Cosolini – certo non può compromettere il volto autentico di Trieste, che è invece proprio quello delle molte persone che sono spontaneamente insorte a difesa del giovane africano, laddove forse in altri luoghi si sarebbero viceversa girate dall’altra parte in silenzio e con indifferenza. Mentre qui – ed è giusto che lo si sappia – con simpatia e benevolenza sono accolti e accettati tutti coloro che vi arrivano per studiare e lavorare, da qualunque Paese provengano e di qualunque etnia o religione essi siano.” “Ed è questa la Trieste che sempre abbiamo desiderato e che anche oggi vogliamo: quella della grande vicenda emporiale di ieri, della Trieste “crogiolo di popoli“, e quella di oggi, dei più avanzati Istituti di ricerca e di studio, ma anche del lavoro e dei tanti mestieri, “richiami” che entrambi portano ancora una volta a convergere qui da noi persone di buona volontà di ogni parte del mondo.”
“Trieste – ha concluso Cosolini – vuole bene a chi come Moussa si trova fra noi per un percorso di formazione e tutti noi desideriamo che altri ragazzi come lui possano sempre continuare a venire a Trieste per studiare e lavorare e per imparare essi stessi, dopo un pò, a voler bene alla nostra città.”

Con semplici e sentite parole – anche un pò emozionate – il giovane Moussa Ndour ha replicato dicendo di aver capito subito che “Trieste non è quella persona che mi ha aggredito, ma è rappresentata invece dalla signora Susanna, dagli insegnanti e dal personale del mio Istituto, dalle tante persone che mi hanno difeso, dall’autista che ha fermato l’autobus per far capire che certi atteggiamenti qui non sono accettati! E per tutto questo ringrazio profondamente questa città e il suo Sindaco”.

Da ultimo, con intense parole, la signora Zecchin ha spiegato il suo intervento “innanzitutto per la difesa di un principio generale di educazione, quindi per il sostegno a valori civili e umani rappresentati anche nella nostra Costituzione. Valori di convivenza che anche nella nostra città – ha detto – hanno conosciuto in passato molti momenti difficili, ma che dobbiamo, anche per questo, sempre e comunque impegnarci a sostenere e tutelare.”

L’inconsueto ma molto significativo incontro si è concluso con il dono del Sindaco allo studente di un volume (in lingua inglese) dedicato alla vocazione internazionale di Trieste: “Una scelta naturalmente non casuale”, ha detto Cosolini sorridendo…

TRIESTE CITTA’ EUROPEA: LA VIA PER CRESCERE

TRIESTE CITTA’ EUROPEA: LA VIA PER CRESCERE

Un’occasione per parlare della ritrovata visione internazionale della città dove gli investimenti stanno, nuovamente, arrivando e le opportunità si stanno ricreando. Trieste deve tornare a svolgere un ruolo da protagonista, come era già in passato, in funzione di un grande pezzo d’Europa e deve riacquisire la consapevolezza di essere il capoluogo del Friuli Venezia Giulia, ruolo mai svolto realmente appieno.

Programma_28_marzo_2015

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INGRESSO LIBERO

Per confermare la propria presenza inviare una mail a: [email protected]

 

 

BARCOLA: A MAGGIO TUTTO PRONTO PER LA NUOVA STAGIONE BALNEARE

Sono stati avviati i lavori affinché, già dal mese di maggio, tutte strutture della riviera di Barcola siano puntualmente pronte, efficienti e fruibili per la stagione primaverile-estiva. Il sopralluogo dei giorni scorsi è servito per individuare tutti gli interventi necessari a ripristinare la completa funzionalità e a migliorare i servizi lungo la riviera barcolana, una delle zone più apprezzate dai triestini e dagli amanti del sole e del mare.

Tra gli interventi c’è il ripristino delle scalette, delle docce e dei servizi igienici dei Topolini, la pulizia dagli imbrattamenti vandalici, con ritinteggiatura degli spogliatoi dei Topolini stessi, nonché la rimessa a posto della rampa per i disabili. Per quanto riguarda la zona della pineta sarà anche intensificata la cura del verde, verranno riaperti i servizi igienici e saranno ricollocati i passaggi di accesso a mare. Inoltre è stato avviato anche un percorso per riqualificare e migliorare gli spazi dei tre concessionari delle zone ristoro che operano all’interno della pineta.

Una delle novità della stagione alle porte è l’apertura di un bar nei Topolini, che potrà diventare un ulteriore punto di attrazione. Inoltre, dopo un percorso avviato due anni fa, sarà regolamentata sia l’attività dei venditori ambulanti, che non andranno a disturbare i bagnanti, sia l’eccessivo proliferare di manifestazioni estive a Barcola, a beneficio della vivibilità della zona e dei suoi residenti.

RICONOSCIMENTO A CHI HA PRESTATO SOCCORSO DURANTE LE GIORNATE DI MALTEMPO

Il Sindaco Roberto Cosolini e la Vicesindaca Fabiana Martini hanno ricevuto nella Sala del Consiglio Comunale, una folta delegazione composta da Vigili del Fuoco, Protezione Civile, operatori del 118 e della Polizia Locale a cui hanno rivolto un ringraziamento particolare per essersi prodigati in occasione delle giornate di bora e maltempo in città: “A nome di tutta la Comunità vogliamo ringraziare tutti coloro che hanno operato con grande spirito di sacrificio nelle giornate di maltempo la scorsa settimana garantendo la sicurezza delle persone e dei beni, oltre a contribuire al mantenimento dei servizi essenziali, intervenendo con il massimo impegno in tutte le situazioni critiche. Del resto i numeri impressionanti dimostrano lo spirito di attaccamento al proprio lavoro e al volontariato ad alti livelli. La situazione è stata tenuta sotto controllo grazie all’unione delle forze, altrimenti i danni avrebbero potuto essere ben maggiori”. Anche la Vicesindaca ha sottolineato la capacità di “fare sistema” a dimostrazione che la città è cresciuta. “Solo coordinandosi si ottengono buoni risultati. Trieste è all’avanguardia anche nel gestire le emergenze, e l’Amministrazione comunale sta investendo aggiornandosi anche su questo fronte”.

Il Comandante provinciale dei Vigili del Fuoco Eros Mannino, ringraziando per le quanto mai gradite parole di apprezzamento, ha rilevato che sono stati portati a termine 700 interventi, anche con l’aiuto delle squadre provenienti dal Veneto per contrastare la situazione di emergenza. “Le giornate di Bora ci hanno visti molto impegnati nell’affrontare situazioni pericolose che con grande impegno e professionalità sono state superate, garantendo anche la messa in sicurezza degli stessi soccorritori anche grazie al coordinamento tra enti”.

VALORIZZAZIONE DELLE BORGATE CARSICHE, DIVERSI GLI INTERVENTI SULL’ALTOPIANO

Il Sindaco si è recato a Basovizza, nei pressi della statale 27 che conduce al vecchio valico di Sesana, per illustrare l’intervento di prossima realizzazione di un parcheggio per trenta autovetture. Il Sindaco – che era accompagnato dall’assessore ai Lavori Pubblici Andrea Dapretto, dal direttore del Servizio Enrico Cortese con il geometra Luca de Reya, ha spiegato che, su richiesta della circoscrizione e dei residenti, il nuovo parcheggio, rientra nel più ampio complessivo progetto ‘Borgate carsiche’ esteso anche ad altre località, tra cui Banne, S.Croce e Contovello : “E’ uno degli interventi previsti nel progetto di riqualificazione di un’area molto frequentata per decongestionare il centro di Basovizza dall’intenso traffico. E che consentirà perciò di regolamentare la sosta e i posteggi nella zona garantendo maggiore recettività e migliore qualità della vita per gli abitanti”.
Il Sindaco si è poi recato a Banne, dove su proposta dei consiglieri comunali Igor Svab, Alessandro Carmi e Mario Ravalico, era stata evidenziata l’opportunità di apporre una targa sul monumento che ricorda il nobile Joseph Burgstaller-Bidischini (1840-1914). Burgstaller fu consigliere imperiale e provinciale, presidente della commissione per imboschimento del Carso, vicepresidente della Croce Rossa per Trieste e Istria, presidente e direttore di varie istituzioni benefiche e che a Banne ebbe la sua residenza estiva. La storia della famiglia Burgstaller-Bidischini si è intrecciata strettamente con quella della comunità di Banne partecipando attivamente alla vita del paese, per questo è molto sentita la volontà di rendere memoria al nobile.
In accordo con gli abitanti e con il presidente della circoscrizione interessata Marco Milkovic, il Sindaco ha quindi manifestato la volontà di incontrare i cittadini per confrontarsi su varie tematiche durante un incontro pubblico che si terrà nel pomeriggio di martedì 24 febbraio

La grande sfida di Porto Vecchio

La norma sancisce la sdemanializzazione di larga parte del Porto Vecchio.
Nella misura in cui ciò comporta la presa d’atto della definitiva estinzione della funzione specificatamente portuale di quel sito, la norma prevede perciò modalità di trasferimento di un regime istituito in funzione dell’attività portuale, il punto franco, a siti destinati oggi e in futuro ad esercitare quella funzione.

Poiché non ci sono molte vie di mezzo per un sito comunque urbano tra l’essere destinato a porto o entrare a far parte di un disegno e di una programmazione strategica della città (salvo l’abbandono e il degrado che ha vissuto da molti anni), proprietà e competenze del sito sdemanializzato vengono trasferite al soggetto che per definizione e funzioni è espressione della comunità locale, il Comune.

Ne conseguono due primi punti fermi, dai quali credo ogni seria riflessione non possa prescindere (teniamo infatti presente che noi ci troviamo di fronte non a generiche volontà politiche, non ad auspici cui magari si contrappongono posizioni contrarie, ma di fronte ad una Legge dello Stato) :

  • sviluppo del porto di Trieste e area di Porto Vecchio sono ormai due temi decisamente e definitivamente distinti fra di loro. È fuorviante attardarsi su impostazioni diverse che indeboliscono la stessa prospettiva del nostro scalo. Oggi in discussione, e mi riferisco anche all’audizione della Commissione, non è l’istituto del Punto Franco, sulla cui attualità pur vi sono opinioni molto diverse, semmai il suo spostamento da dove è perfettamente inutile a dove può servire, ovvero nelle aree previste per questa finalità dal Piano Regolatore e in altre strategicamente funzionali
  • proprio perché Porto Vecchio è destinato a una nuova funzione il legislatore, riconoscendone il valore strategico straordinario, ne decide il passaggio da una proprietà pubblica ad un’altra, la più idonea a governare un processo strategico di integrazione con la città. Nel farlo aggiunge un ulteriore elemento che conferma come questa sia una norma per la città e per il porto: stabilisce che il valore creato da alienazioni in Porto Vecchio viene destinato a nuove infrastrutture portuali.

Il ruolo del Pubblico, e di un Pubblico che risponde direttamente ai suoi cittadini, è oggi quindi un ruolo forte, certo molto più forte nel determinare il futuro di Porto Vecchio come leva di sviluppo della comunità di quanto lo potesse essere alcuni anni fa con la decisione di una lunghissima concessione demaniale ad un soggetto privato.
Fatta questa premessa e ribaditi questi due punti fermi mi pare utile sottolineare alcune questioni, tutte importanti:

1) Comune e Regione concorreranno rapidamente a definire, con il Commissario di Governo, i siti idonei per il trasferimento del Punto Franco: a questo fine saranno certo importanti le indicazioni che potranno darci gli addetti ai lavori. Ma questo è anche il momento in cui se ci sono progetti d’impresa interessati ad avvalersi di questo regime speciale è bene si facciano avanti in modo da contribuire a determinare le scelte migliori per le nuove ubicazioni.

2) Si dà avvio da subito ad un lavoro tecnico-amministrativo che vedrà impegnati Comune, Agenzia del Demanio e Autorità portuale per definire il passaggio e, insieme con la Regione, individuare banchine e fasce di costa che rimangono demanio portuale. In questo ambito va fatta una radiografia puntuale dell’esistente e delle sue problematiche, prima fra le tante quella dell’infrastrutturazione primaria dell’area.

3) La fase che si apre da questo momento prevede:
a) una lettura e un confronto delle più significative trasformazioni di aree ex portuali che, pur tenendo conto di diversità normative ed amministrative, possano fornire elementi utili per la strumentazione:
b) la rapida costituzione di una vera e propria unità di progetto all’interno del Comune e ciò per garantire una centralità e un’efficienza all’altezza della sfida per l’amministrazione;
c) una cabina di regia permanente con gli altri soggetti interessati con la definizione anche della natura e degli obiettivi dello strumento specialistico controllato dal Pubblico per gestire le fasi attuative;
d) il coinvolgimento di un soggetto specializzato per la presentazione su scala internazionale, la promozione dell’opportunità, la valutazione di partners ed eventuali investitori;
e) il coinvolgimento attivo dei cittadini con momenti di presentazione e di ascolto di proposte; il coinvolgimento del Consiglio Comunale con un confronto continuo sulla proposta strategica e l’aggiornamento sullo sviluppo di tutte le fasi.

4) Vengo alla questione più importante: si lavora da subito per dar corpo al progetto con la consapevolezza che è innanzitutto un progetto politico, molto prima che urbanistico ed architettonico. Qui non stiamo parlando di un’area in cui, come qualcuno pensa, si fa qualche operazione immobiliare di piccolo cabotaggio o, come si è tentato nel recente passato, qualche spezzatino di piccole concessioni. Quest’area ha un valore strategico per Trieste, per il suo futuro, ma c’è l’ha nella misura in cui la dimensione della sfida è nazionale e si rivolge ad una platea internazionale. È insomma prima di tutto il paradigma di una visione strategica che mette Trieste in una prospettiva internazionale, ne alimenta la capacità di essere attrattiva e di essere nuovamente il punto di riferimento di un territorio e di relazioni su base nazionale ed europea. Nato come porto di un territorio europeo oggi Porto Vecchio può riproporsi come la Porta sul Mare di quel territorio.

Dal punto di vista istituzionale ciò significa il coinvolgimento del Governo nella costruzione di una grande opportunità di investimento, una fra le più significative presenti nel Paese.

Dal punto di vista delle alleanze territoriali che giustifichino la dimensione del progetto mettiamo in fila i diversi piani su cui intervenire e costruirle:
– l’ambito regionale e, ancor più nello specifico, quella vera e propria area metropolitana che da Ronchi e Monfalcone arriva a Muggia
– l’ambito del costituendo GECT che comprende oltre all’area sopraindicata, i comuni del Carso sloveno e dell’Istria slovena e croata
– l’Austria e la Baviera
– le aziende più significative operanti nell’area con l’obiettivo di una loro partecipazione

Prima di disegni architettonici si disegna la rotta di Trieste da qui al 2030. Quando dobbiamo misurarci con un provvedimento destinato ad allargare di sessanta ettari la dimensione della nostra città, prima e più ancora di un progetto urbanistico, è – come ho già detto poco fa – un grande progetto politico quello che abbiamo l’opportunità di lanciare: il progetto destinato a configurare la Trieste di domani, il progetto della Trieste che asseconda la sua vocazione naturale per espandersi ancora più sul fronte mare.

Sta a noi – e quando dico noi mi riferisco in primo luogo a questo consiglio comunale – delineare la rotta dello sviluppo della nostra città da qui ai prossimi 10 – 15 anni.

Starà sempre a noi vigilare e operare concretamente perché questa grande sfida non si limiti ad essere occasione di grandi speculazioni edilizie, o di operazioni di piccolo cabotaggio, di parcheggi facili a basso costo d’investimento e rendita assicurata.

Dobbiamo avere consapevolezza della portata di questa sfida, che chiama ciascuno di noi, forze politiche in primo luogo, ma anche categorie economiche, forze sociali, istituzioni culturali come l’Università, alla responsabilità di una scelta: quella di contribuire al progetto e condividerne il percorso. La partita è troppo importante perché si possa procedere in ordine sparso, sbandando o ripensandoci ad ogni oscillazione degli equilibri politici nazionali o locali. Verificheremo con Regione, Governo e l’Unione Europea la possibilità di risorse per alcuni interventi di infrastrutturazione fondamentale.  Ribadisco poi la necessità, già indicata prima, di un territorio di riferimento, italiano ed europeo che attraverso questo progetto entra in relazione con la città, ne riconosce la funzione e vi partecipa con ciò determinando quella indispensabile crescita della massa critica di riferimento.

Dovremo studiare ed imparare dalle esperienze maturate in altre città dove parti importanti del territorio urbano sono state radicalmente trasformate; penso a Valencia, ad Amburgo, a Barcellona.

E dovremo mettere in campo tutte le nostre energie per cercare e stimolare gli investitori esterni, privati o pubblici che siano, a intervenire su questo progetto.

Qualcuno, in un passato neanche tanto lontano, ebbe a dire che la politica triestina è un pollaio. Dobbiamo dire che in non rare occasioni in cui ci si becchettava sulle piccole cose è stato così.  Questa volta la partita è troppo grande perché si eludano scelte e responsabilità. Chi è disponibile a dare il proprio contributo serio, costruttivo, non da pollaio, sappia che per quanto mi riguarda le porte sono aperte.

La mozione che faceva propri questi contenuti è stata approvata a larghissima maggioranza dal Consiglio comunale con un voto favorevole che ha coinvolto anche una parte dell’opposizione, la restante parte ha deciso di non partecipare alla votazione.

SOLIDARIETA’ DELLA CITTA’ DI TRIESTE ALLA FRANCIA

La solidarietà della città di Trieste alla Francia, colpita dal tragico attentato di di Parigi al giornale “Charlie Hebdo”, è stata espressa a più voci nel corso di un pubblico incontro, svoltosi nella sala del Consiglio comunale venerdì 9 gennaio, alla quale sono intervenuti autorità locali, rappresentanti delle istituzioni, molti cittadini francesi (sui circa 300 residenti nella nostra città) e anche rappresentanti della comunità islamica. In questo modo Trieste ha espresso il suo dolore verso il popolo francese, così duramente colpito, offrendo una sentita testimonianza a favore della democrazia, della tolleranza e della libertà di stampa.
“La tragedia di Parigi -ha detto in apertura il presidente del Consiglio comunale Iztok Furlanic- colpisce tutti noi”, mentre il sindaco Roberto Cosolini ha ringraziato la città per la forte adesione data all’iniziativa promossa dal Comune, con l’adesione dell’Ordine dei Giornalisti e dell’Assostampa FVG, e che ha visto, oltre ad una numerosa e qualificata presenza in aula, anche i messaggi dell’Università degli Studi e di tutti i Teatri cittadini. “E’ stato un attacco violento al cuore dell’Europa e al mondo dell’informazione” -ha evidenziato il primo cittadino- al quale “si risponde con fierezza e solidarietà internazionale, per difendere quei valori di libertà, democrazia e tolleranza”. “Non è una guerra tra occidente e islam e neppure tra religioni” -ha concluso il sindaco- e per questo “dobbiamo portare quante più persone ci è possibile dalla parte della civiltà, della democrazia e della libertà”. Un invito ad evitare le strumentalizzazioni è venuto quindi anche dalla presidente della giunta regionale del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani che ha partecipato anch’essa all’incontro, dopo aver già scritto una lettera di solidarietà e vicinanza all’ambasciatore francese. “Non possiamo accettare -ha detto tra l’altro Serracchiani- che questo diventi una guerra aperta tra popoli e religioni”.
Ringraziando per quanto fatto dalla città di Trieste, il console onorario di Francia in città, Christia Chiaruttini Leggeri, ha da parte sua messo in luce la necessità di “ripartire dal rispetto per avere un futuro migliore”, sottolineando la bontà di iniziative come queste che “ci fanno capire che non siamo soli”. “Questi -ha aggiunto il presidente dell’Ordine del Friuli Venezia Giulia Cristiano Degano– sono momenti in cui tutti ci sentiamo chiamati in causa. La migliore risposta, soprattutto per noi giornalisti, deve venire da un maggiore impegno, dall’onestà intellettuale e da valori come la libertà dell’informazione, che sta alla base della nostra democrazia”. “Ieri eravamo in piazza Farnese -ha detto a sua volta il presidente di Assostampa FVG Carlo Muscatello e oggi siamo qui per ribadire la libertà d’informazione e anche di critica e di satira”. Ma -ha puntualizzato Muscatello- “della libertà d’informazione ci si deve ricordare non solo in questi momenti, ma anche nella vita di tutti i giorni e sempre”, evidenziando così che il Parlamento sta per approvare una legge sulla diffamazione che diventa un “bavaglio” e ancora la scarsa sensibilità delle istituzioni, la riduzione degli organici che porta ad una diminuzione della qualità e dell’offerta informativa.
Le ultime sottolineature sono state del vicesindaco Fabiana Martini, che ha parlato di “attentato all’umanità, al diritto di esistere e di essere diverso dall’altro, di attacco al fondamento della nostra esistenza”. Bisogna “pensare alla crudeltà di cui l’essere umano e capace, un male da cui nessuno di noi può sentirsi immune -ha concluso il vicesindaco Martini- “per impegnarsi a coltivare il rispetto e l’attenzione all’altro, per costruire il bene comune”.

Le priorità del nuovo Presidente dell’Autorità Portuale

La nomina del nuovo Presidente del porto di Trieste sta suscitando grande attesa.  Attesa ampiamente giustificata dall’importanza che l’economia del mare, in primis la portualità, ha per l’economia e il lavoro della nostra città.

Ci sono diverse opportunità da cogliere visto che Trieste si conferma porto importante sia per il traffico di containers proveniente dal Far East sia per quello Ro-Ro proveniente dal Mediterraneo orientale con sbocchi privilegiati nei mercati dell’Europa centrale.
Per cogliere le opportunità di crescita, evidenziate anche da un interessante intervento di qualche giorno fa di quell’indiscutibile esperto che è il prof. Sergio Bologna, la priorità assoluta si chiama potenziamento della capacità e del servizio ferroviario, già oggi determinante per la crescita di alcuni traffici, e in particolare:
– semplificazione e riduzione dei costi della doppia manovra in zona portuale
– realizzazione del polo ferroviario in Campo Marzio
– superamento dei cosiddetti colli di bottiglia sul collegamento con Monfalcone e sulla Pontebbana.

Il conseguimento di questi obiettivi, unitamente alla realizzazione dei nuovi terminali, può garantire, con investimenti pubblici contenuti e con il concorso dei privati, le condizioni per un incremento del 100-150% dei traffici nel giro di alcuni anni.
Al nuovo Presidente si richiede, inoltre, un impegno per una rapida approvazione del Piano Regolatore del Porto, strumento che definisce le scelte fondamentali di assetto della portualità triestina garantendo così certezze per gli investitori.
Infine, dal nuovo Presidente mi attendo un immediato impegno a liberare dai vincoli di natura portuale un luogo che porto non può più essere come Portovecchio in modo da lavorare insieme per la sua rigenerazione e trasformazione.

EX CASERMA VIA ROSSETTI: SIGLATO L’ACCORDO

Nella sede della Regione Friuli Venezia Giulia l’assessore alle Finanze e Patrimonio, Francesco Peroni, il sindaco di Trieste, Roberto Cosolini, e il direttore dell’Agenzia del Demanio, Roberto Reggi, hanno ufficialmente siglato un accordo di programma che, consentendo al Comune di variare il proprio strumento urbanistico, apre la strada all’attesa operazione di riqualificazione e valorizzazione dell’ex caserma Vittorio Emanuele III di via Rossetti.  Dopo la firma a Palazzo Farnese di Piacenza, di un accordo nazionale con cui sono stati ‘smilitarizzati’ e ‘sdemanializzati’ alcuni edifici e compendi di proprietà del Ministero della Difesa, tra cui la caserma stessa, è stato compiuto un ulteriore, importante passo nel percorso destinato a dare una nuova destinazione al comprensorio della Vittorio Emanuele III.

La caserma Vittorio Emanuele III di via Rossetti sede del 1º Reggimento “S. Giusto” ha una storia del tutto particolare. La sua costruzione fu iniziata nel 1912 sotto l’impero asburgico e sospesa successivamente a causa della Prima guerra mondiale.Dopo l’annessione di Trieste all’Italia i lavori furono ripresi dal 1920 fino al 1925. L’inaugurazione avvenne nel 1926 alla presenza del Re Vittorio Emanuele III da cui deriva la denominazione della caserma. L’ex caserma è stata dismessa nell’aprile del 2008, e comprende quasi 55 mila metri quadrati che in breve tempo sono finiti nel più desolante degrado. Più volte è stata al centro di polemiche politiche e in varie occasioni è stata al centro di occupazioni da parte di associazioni o gruppi studenteschi che reclamavano spazi abitativi o di incontro. Ora, con l’accordo di programma che è stato firmato la soluzione è più vicina. Di fatto, la firma dell’accordo di programma dà avvio a una nuova fase della trasformazione urbanistica di una delle aree della città lasciate abbandonate da tempo, come appunto è l’ex caserma Vittorio Emanuele III di via Rossetti.

Quali sono i prossimi passi? La Cassa depositi e prestiti acquisterà l’area dal Demanio e cederà poi a titolo gratuito al Comune di Trieste una palazzina da 6500 metri quadri, quella vicina ai licei Petrarca e Galilei. Nelle casse comunali arriveranno anche 5 milioni circa, il 15% del valore di quell’area e la zona sarà sganciata dal Piano regolatore comunale, in fase di approvazione. La Cassa depositi e prestiti potrà così mettere sul mercato un’ampia superficie con varie destinazioni d’uso, dal residenziale al commerciale o ai servizi. Nel documento urbanistico ci sarà sicuramente, un ampio spazio pubblico all’interno dell’ex caserma, in quella che fu la piazza d’Armi, dove verrà realizzato un’area verde. Inoltre l’ampio edificio di 6500 metri quadri, con i due licei, farà parte di un futuro polo scolastico. «Nella parte alta – ha dichiarato l’Assessore all’Urbanistica Elena Marchigiani – sarà possibile edificare nuove strutture. In pratica ci saranno spazi pubblici di collegamento con la città». E l’uso di quei 5 milioni? «Ci stiamo pensando – aggiunge l’assessore – quello di Campo Marzio è uno dei progetti che abbiamo in mente». Soddisfatto per la piega veloce che ha preso l’accordo di programma è il sindaco Roberto Cosolini: «Abbiamo lavorato molto bene ottenendo quanto avevamo chiesto a tempo di record. La firma apposta a Piacenza è un passo fondamentale per il recupero di un’area della città lasciata per troppo tempo nel degrado. Siamo molto soddisfatti. Da tutta questa storia il Comune di Trieste otterrà la palazzina nei pressi dei due licei. In più 5 milioni di euro che saranno investiti in opere pubbliche o nel recupero di un’altra zona che ci sta particolarmente a cuore e dove i tre quarti dell’area è del Comune. Mi riferisco alla trasformazione della zona che comprende il mercato Ortofrutticolo e il Museo del mare. Voglio infine dire due cose a chi va blaterando che questa amministrazione non realizza nulla: in poco tempo abbiamo presentato il maxi progetto di riqualificazione del Silos e negli ultimi 7 giorni ci sono state la decisione dello spostamento delle antenne da Conconello e la trasformazione dell’ex caserma di via Rossetti».