intervista al Sindaco di Gabriella Ziani
Nel gioco dei tanti cantoni la soddisfazione di avere a Trieste qualche cosa di nuovo, e un importante sussulto di economia, e cioé Porto vecchio, rischia di implodere mentre ciascuno aspetta che qualcun altro faccia la sua mossa. Nel frattempo è evidente che sono già in moto forze centrifughe. E quella sintesi operativa da molti attesa rischia di prendere il largo con buon vento. Il sindaco Roberto Cosolini a questo punto non solo lo denuncia. Dice che uscirà dal coro e farà la prima mossa. Sindaco, l’ex presidente dell’Authority Claudio Boniciolli chiede soprattutto a lei perché della questione non si parla in Comitato portuale. Come mai questo silenzio? Nella misura in cui in Comitato portuale si parlerà di Porto vecchio, io ribadirò le cose che ho sempre detto… Se il tema non venisse messo mai all’ordine del giorno, lei, che molto sollecita sullo spostamento del Punto franco, aspetterebbe per sempre? Credo sia arrivato il momento, da qui a settembre si dovrà fare il punto. Ma c’è un nodo di fondo da sciogliere, dal quale derivano tutte le subordinate, e su cui si continua a girare attorno. Porto vecchio deve essere città, oppure porto? Non ci dica che siamo ancora, o siamo tornati, a queste domande di fondo. Certo che sì. Quel Punto franco è di natura portuale. Se l’area deve diventare città (cosa su cui a parole tutti sono d’accordo) da lì si deve spostare. Sarebbe come avere un Punto franco in piazza della Borsa. Allora il sindaco intende promuovere un’azione concreta, o aspetta che altri si muovano? Per me Porto vecchio deve, inesorabilmente, diventare città. E punto. Mi pare che la concessione e in misura parziale anche il Piano regolatore del porto avveri questa destinazione. Ora siamo in una zona di transizione da un passato portuale a un futuro urbano, tra una competenza uscente e una entrante. Gli atti devono essere conseguenti, e lo sono anch’io: prima cosa, togliere il Punto franco, salvo non mi si dica che per esempio sia utile per un certo periodo all’Adriaterminal, da perimetrare. Solo come zona residuale. Ma chi deve fare questi atti? Mi sembra che tutti abbiano bisogno di chiarezza, affinché non si finisca a rimpallarsi le responsabilità. Sì, scriverò al prefetto e per conoscenza all’Autorità portuale chiedendo lo spostamento del Punto franco almeno da un’area di Porto vecchio. Dove quel Punto franco vada spostato ha tutto il diritto di dirlo l’Autorità portuale. Lì dove all’Autorità portuale non serve, invece lo togliamo. L’intensa attività dell’Authority per rivitalizzare Punti e zone franche è in dunque in evidente contrasto con la politica del Comune? Sulle scelte fondamentali di sviluppo del porto (infrastrutture, servizi ferroviari) con l’Authority possiamo essere sufficientemente d’accordo. Su Porto vecchio, e mi dispiace, la pensiamo in modo radicalmente diverso. E qui sta il nodo. Per me l’area dev’essere città, e anche uscire dalla sovranità del Demanio portuale: non mi risulta che il Demanio portuale amministri pezzi di città. Forse non è così scontato per tutti. Ma a Trieste si sono chiusi molti cicli, e questa è l’ultima possibilità di agganciare un tram. Dobbiamo remare però tutti nella stessa direzione nell’attirare investimenti, sulla base di cose reali. Anche i concessionari hanno detto che non vogliono barriere, e il Punto franco è una barriera, altrettanto lo è il Demanio, terza condizione per andare avanti è che Portocittà acceleri la presentazione di un progetto complessivo, e attrattivo di investimenti. I concessionari lamentano crisi dei mercati. E dunque? Fare l’imprenditore oggi è difficile, e io ho il massimo rispetto per chi lo fa. Ma mi sento e mi vedo spesso con l’amministratore delegato di Portocittà, Enrico Maltauro, gli ho detto che mi aspetto che se ci sono persone disposte a entrare in Portocittà con “know how” e quattrini, a loro si spalanchino le porte. Se occorre suggerire, significa che non è stato fatto? Si è presentato un imprenditore solido, Francesco Fracasso, disposto a entrare in Portocittà. Se le premesse sono quelle che mi si dice, posso solo dire che mi auguro che gli venga data la possibilità. Questo imprenditore è venuto anche da me, a sentire che cosa ne pensassi. Al momento non c’è un esito formalmente acquisito. Ma se si afferma che le difficoltà finanziarie portano a prudenza e a ricerca di partner, si accolga chi vuole investire. Il presidente della Camera di commercio Antonio Paoletti lavora per World trade center e Borsa merci. Utili, o cortina fumogena per frenare il resto? È solo riportare la pedina del Monopoli alla casella di partenza. In tempi migliori queste cose non ci è stato consentito di farle, oggi è particolarmente irrealistico. Qui non bisogna dividersi tra scettici e visionari, e aspettare per altri 30 anni cose che non arrivano. La partita si gioca oggi. È finita la possibilità di usare strategie frenanti. Boniciolli uscendo dal porto aveva accusato una “cupola” di potere. Lei la vede, la conosce? Certo, c’è stata, per certi versi c’è tuttora. Ha tante facce, al di là di quella che viene sempre messa al vertice, e intendo Giulio Camber. Di questo reticolo, che ha alla base fortissimi legami tra politica ed economia, logiche protezionistiche e limitazioni del mercato, a Trieste hanno partecipato e beneficiato tanti. Anche alcuni fra quelli che oggi gridano allo scandalo. È un modo di essere della città. Ma oggi non può più alimentarsi. Non ci sono più risorse. Sottolineo: il mio compito non è di dividere, bensì di unire. Per questo, cupola o non cupola, vorrei che remassimo tutti nella stessa direzione. Che giudizio dà dell’anno e mezzo di presidenza di Marina Monassi in porto? Su Porto vecchio son venuti fuori aspetti sui quali decisamente non siamo d’accordo. Sullo sviluppo del porto ci si aspetta che vengano realizzate le cose annunciate. A partire dalla bandizione delle gare per la piattaforma logistica e il terminal ro-ro alle Noghere. Quest’ultima era una promessa, mi attendo che si realizzi.
«Via il Demanio e area al Comune»
«Per un sindaco la ricerca di accordo fra istituzioni è doverosa, e poi sappiamo che discordia genera solo nuova discordia. Dunque – afferma Cosolini prima di annunciare un’altra idea da rendere operativa – io domando: qual è la base dell’accordo? Se Porto vecchio è città e porto, ci mettiamo d’accordo, altrimenti andiamo in direzioni opposte». Ed ecco il piano di lavoro su cui far camminare il processo di sdemanializzazione, affinché sia chiaro che il Comune non vuole impossessarsi di terreni soltanto con un “grazie”. «Secondo la normativa – spiega il sindaco – un processo di sdemanializzazione porta i terreni al Comune, però se il tema che sta a cuore all’Autorità portuale è il valore dell’area, si può fare un accordo fra istituzioni: una parte significativa della valorizzazione delle aree sdemanializzate può essere usata per pagare le infrastrutture del porto nuovo. Il Comune dice allo Stato: sdemanializzi l’area? Io produco in cambio un circuito che produce risorse da indirizzare alle infrastrutture portuali che Stato, ministeri, Cipe e quant’altri non riescono più a finanziare. Non userei i soldi per pagare concerti, voglio dire». Perché tutto questo possa essere almeno preso in considerazione, vanno risolti comunque i problemi obiettivi, tra cui il Piano regolatore del porto: «Questo governo, per il tipo di mandato che ha, e per il tipo di marcia che si è dato, deve garantire – prosegue il sindaco – l’approvazione del Prg, e non rinviarlo al dopo elezioni». Cosolini anche concorda sul fatto che i concessionari dovrebbero rivolgersi al governo per lanciare un appello a investitori stranieri, anche a fondi sovrani (com’era stato suggerito dal Pd Ettore Rosato). Pollice verso, al contrario, sulle ipotesi di ottenere leggi per la defiscalizzazione: «Rimaniamo coi piedi per terra – conclude il sindaco -, non stiamo ad aspettare miracoli secondo me impossibili (se poi arriveranno, li saluteremo con soddisfazione). Ma ottenere regimi fiscali particolari da questo governo, in questo momento, e su questo territorio che fra tutti, per le sue caratteristiche, non è nemmeno fra i più colpiti dalla crisi economica, mi sembra irrealistico, e mi permetto di essere scettico. Se poi qualcuno porterà a casa il risultato, ne avrà tutti i meriti, ma sarà una cosa diversa, una cosa in più. Noi oggi parliamo invece di un regime giuridico che serve a fare porto. E se per decidere sul regime del porto aspettiamo gli altri improbabili regimi agevolati, allora davvero non ci muoviamo più. Nel frattempo sulle piazze internazionali questo viene considerato il più importante intervento d’Europa che riguardi un fronte mare». (g. z.)
Per gentile concessione de Il Piccolo, intervista pubblicato il 3 agosto 2012