Ritengo utile intervenire motivando la delibera sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento (DAT) per chiarirne motivazioni e contenuti e anche per rispondere pacatamente ma chiaramente, cosa che faccio nella parte finale, a toni inutilmente pesanti e argomentazioni strumentali
con cui si è sostanziata una posizione critica, certo libera e legittima ma che avrebbe potuto avere caratteristiche più rispettose della laicità dell’Istituzione Civile
Alcuni giorni fa abbiamo approvato la proposta di Regolamento per l’istituzione di un servizio di deposito e custodia delle dichiarazioni anticipate di trattamento (DAT). Nelle prossime settimane la delibera compierà il suo iter e sarà discussa dal Consiglio comunale.
La proposta che abbiamo elaborato è molto semplice: i cittadini potranno recarsi in un ufficio comunale e, senza alcun costo, potranno depositare le proprie DAT oppure dichiarare di averle lasciate presso un depositario. Nomineranno uno o più fiduciari che, in caso di necessità, potranno andare a ritirare la dichiarazione. Il Comune con il suo servizio, oltre a fornire la custodia, attribuisce data e provenienza certa alle dichiarazioni.
Le Dichiarazioni Anticipate di Trattamento sono la manifestazione di volontà con cui una persona, capace di intendere e di volere, esprime la sua volontà circa i trattamenti medici ai quali desidererebbe o non desidererebbe essere sottoposta nel caso in cui, nel decorso di una malattia o a causa di traumi improvvisi, non fosse più in grado di esprimere il proprio consenso o il proprio dissenso informato.
Molti Comuni in tutta Italia hanno già istituito simili registri per i biotestamenti, anagrafi dei testamenti biologici, registri delle dichiarazioni di volontà. Le istanze dei cittadini sono state rappresentate alle Istituzioni come un’esigenza sempre più diffusa: quella di poter disporre in ordine ai trattamenti medici che si vorranno o non si vorranno ricevere quando non si sarà più in grado di esprimersi. Questa esigenza non ha però fino ad oggi trovato risposte omogenee a livello nazionale. L’inerzia colpevole del legislatore ha portato molti Comuni (si contano diverse centinaia di iniziative simili) a dare una prima risposta.
Non esistendo una normativa omogenea a livello nazionale, alcuni ritengono che queste iniziative siano prive di qualunque significato legale. In realtà la sfera di autodeterminazione in ordine alle cure da ricevere e il rapporto tra consenso informato, medico e paziente, sono già disciplinati dall’ordinamento giuridico, a partire dalla Costituzione italiana.
Tra le diverse norme utili a definire le problematiche della sottoposizione alle cure, vi è innanzitutto l’art. 32 della Costituzione che dispone, con cristallina chiarezza, che in via generale nessuno può essere sottoposto a un trattamento sanitario contro la sua volontà.
Di questa impostazione già in Assemblea Costituente l’onorevole Aldo Moro (che credo non possa essere collocato nella schiera di un inesistente “partito della morte”) disse che si trattava di “un problema di libertà individuale che non può non essere garantito dalla Costituzione”. La magistratura italiana ha già inequivocabilmente affermato, nel triste e doloroso caso di Eluana Englaro, che la volontà di un cittadino di interrompere le cure, anche di sostegno vitale, deve essere rispettata, la difficoltà che più di frequente si verifica è ricostruire la volontà di chi non sia più in grado di esprimerla. Con questa proposta di delibera abbiamo inteso proporre una soluzione, fornendo un servizio di deposito e custodia delle DAT. Sappiamo bene che non saremo in grado di risolvere così tutte le questioni relative alla sottoposizione alle cure e al fine vita, però il fatto di riuscire a risolverne alcune è un motivo più che sufficiente per continuare su questa strada. La DAT, redatta dal cittadino e di cui il Comune può garantire la data di presentazione e la provenienza certa, potrà essere uno strumento importantissimo per i medici e per i familiari dei pazienti che si troveranno a dover gestire situazioni delicate. Tanto più se avverrà un automatico inserimento delle DAT nei dati conservati nella tessera sanitaria, come proposto da una recente petizione presentata alla Regione.
La strada che abbiamo intrapreso è quella a cui ci ha indirizzato il Consiglio comunale. Diversi gruppi si erano infatti mossi con iniziative di sensibilizzazione pubblica sul tema: sono state poi votate due mozioni, una presentata da SEL e IDV e un’altra presentata dal Partito Democratico, dalle Liste civiche e da diversi esponenti dell’opposizione, tra i quali Roberto Antonione e Franco Bandelli, già candidati sindaco.
Ricordo questo aspetto perché smonta di fatto due degli argomenti utilizzati dal direttore di Vita Nuova che nel giro di quindici giorni, tra edizioni cartacee e online, ha messo in piedi un vero e proprio pamphlet in forte antitesi e polemica alla proposta. Il primo argomento che ha usato è che Cosolini e la sua Giunta si sarebbero mossi fuori dal Programma di Mandato, quasi da “abusivi”: è fin troppo facile rispondergli che il programma di mandato contiene gli impegni principali che l’Amministrazione intende realizzare nel corso dei cinque anni ma certo non esaurisce in modo rigido la sua sfera di azione; a ciò si può aggiungere che forse il direttore Fontana dimentica, o meglio, fa finta di dimenticare, che ci sono due mozioni approvate, di cui una a maggioranza larghissima, da parte di un Consiglio comunale composto da quaranta rappresentanti eletti dai cittadini che hanno impegnato secondo una prassi democratica la Giunta ad agire in questo senso.
La trasversalità di questo voto smonta anche l’argomento di una presunta convenienza politica legata all’elettorato di sinistra verso il quale non mi pare che Antonione, Bandelli, Rosolen o i Cinque Stelle abbiano un particolare “radicamento”.
C’è un terzo argomento che viene proposto in opposizione ed è quello di un mancato percorso di discussione democratica che avrebbe dovuto precedere questa scelta:
questo argomento è particolarmente curioso visto che una discussione civile e democratica è in corso da anni nel Paese, ha visto esprimere legittimamente molti punti di vista diversi, ha consentito a tutti coloro che lo desideravano di formarsi ed esprimere un’opinione ed è sulla base di quella discussione che i Comuni hanno iniziato ad assumere orientamenti sulle DAT.
Non c’è perciò nessun deficit di democrazia e da parte mia nessun risentimento per le posizioni critiche, come invece vuole far credere in più passaggi il Direttore Fontana: ho voluto solo chiarire come alcune argomentazioni siano strumentali. Trovo poi veramente irricevibile l’invito a lasciar perdere queste cose perché ce ne sono altre di più importanti: le cose importanti, dott. Fontana, un sindaco le conosce e cerca, con gli strumenti che ha a disposizione, di affrontarle nel miglior modo possibile. Quindi si lasci dire che le avrebbe fatto bene a conoscere un po’ più il mio lavoro prima di dare giudizi di questo tipo: sia chiaro che lei è libero di dare ma spero mi riconoscerà la libertà di definirli offensivi.
Attacco che nulla a che vedere con i contenuti della proposta (che anzi sono malamente intesi, sminuiti, travisati), e che non è una critica di un cittadino – sempre libera, e persino ben accetta – ma è una denigrazione strumentale proveniente da un organo di stampa ufficiale di un’altra istituzione, e che ritengo in quanto tale inaccettabile, e non a tutela del sottoscritto, il cui lavoro – bellissimo e complicatissimo – impone ogni giorno di saper accettare parole anche ingenerose, ma a tutela della laicitàà delle istituzioni civili, che è valore ben più importante della mia reputazione.
Andremo perciò avanti con questa proposta, richiesta dai cittadini triestini e appoggiata trasversalmente da un’ampia parte dei loro rappresentanti nelle istituzioni civili, con l’obiettivo di fornire uno strumento utile, ovviamente per chi voglia avvalersene, a gestire anche le fasi più complicate della vita.